L'Islam

Un monoteismo assoluto

La professione di fede dell’ISLAM è contenuta in un’unica affermazione: «Non c’è che un Dio, Allah, e Muhammad è il suo PROFETA». Si tratta di un monoteismo assoluto.
L’islam vuole essere la rivelazione definitiva di Dio, che nel corso della storia si è fatto conoscere progressivamente dagli uomini a partire da Abramo, e si presenta a tutti come la religione unica, perfetta e compiuta. Il fedele si sottomette totalmente a Dio rinunciando del tutto a se stesso. Modello di questa fede totalizzante è Abramo che, secondo l’islam, si è sottomesso completamente agli ordini che provenivano da Dio.
Nell’islam è impossibile separare l’aspetto religioso da quello sociale e politico poiché solo Dio detiene tutti i poteri sull’uomo. La rivelazione a Muhammad contenuta nel Corano non fa alcuna distinzione tra la sfera religiosa e quella propriamente umana e sociale.

Muhammad, il Profeta

Verso il VI secolo, all’interno delle popolazioni ARABE iniziò a farsi sentire l’esigenza di essere riunite in una sola nazione. Per raggiungere lo scopo, Muhammad cercò di unificare anche la religione riunendo tutte le tribù sotto la fede in un unico Dio, Allah. La nuova fede non era completamente staccata dalle fedi e religioni già esistenti. Muhammad riteneva che, così come il cristianesimo era la continuazione dell’ebraismo, l’islam fosse la logica conseguenza di tutte e due. In questo modo il Corano diventava il completamento di quelle Sacre Scritture a cui gli ebrei davano il nome di «Bibbia» e a cui già i cristiani avevano aggiunto il Nuovo Testamento.
Dopo Gesù Cristo, il quale aveva dato una nuova svolta alla fede di Abramo, Muhammad aveva ricevuto il compito di chiudere definitivamente la rivelazione di Allah. Conseguenza di questo ragionamento era che l’unica vera e autentica religione o fede – perché la più perfetta, perché venuta dopo le altre – era l’islam.


Un inizio difficile


I primi che credettero alla predicazione di Muhammad furono i suoi famigliari: la moglie Khadigia, il cugino Alì, lo schiavo liberato Zayd e il ricco mercante Abu Bakr. Immediatamente dopo seguirono il loro esempio i giovani che appartenevano alle tribù meno ricche, chi non abitava a La Mecca e anche molti schiavi. In questo modo attorno al Profeta si formò una piccola comunità. Muhammad abitava allora a La Mecca, ma la sua predicazione si scontrò aspramente con i capi clan, che non avevano alcun interesse a sottomettersi a un unico Dio. Inoltre nella rivelazione di Muhammad vi erano regole che minacciavano direttamente gli interessi dei commercianti e dei prestatori di denaro de La Mecca. Muhammad, infatti, predicava contro l’usura e in favore della giustizia sociale.
All’inizio la predicazione di Muhammad fu accolta con sufficienza; in seguito però crebbe una vera e propria ostilità: la nuova fede rischiava infatti di compromettere l’economia dei mercanti della città, abituati a vendere idoli ai pellegrini che giungevano là per venerare la Pietra Nera. Muhammad fu così costretto a fuggire a Medina nel 622. L’anno dell’EGIRA corrisponde a quello della migrazione di Muhammad, anno da cui inizia l’espansione dell’islam e, di conseguenza, il calendario islamico. Ben presto l’islam acquistò una vocazione universalistica. In un primo momento, Muhammad si rivolse agli ebrei che abitavano a La Mecca, chiedendo loro di convertirsi e di unirsi alla sua causa: essi opposero un netto rifiuto.
Giunto a Medina, a Muhammad vennero attribuite responsabilità politiche, militari e giuridiche. Assunto il governo militare, Muhammad indisse una serie di azioni contro gli abitanti de La Mecca che ancora non intendevano abiurare la loro fede. La prima vittoria delle sue truppe risale al 624. Dopo anni di lotte, nel 630 Muhammad entrò a La Mecca da vincitore e proibì il culto degli idoli pagani nella Ka’ba, proclamandola primo altare eretto al vero Dio. I meccani non poterono far altro che convertirsi. Due anni dopo Muhammad morì. Rapidamente l’islam si diffuse in buona parte della Penisola Araba.


La grande espansione


Quando Maometto morì, nessuno aveva stabilito chi dovesse succedergli. Questa incertezza causò una grave scissione all’interno della sua famiglia e anche dell’islam stesso. Alcuni esponenti ritenevano che dovesse essere eletto uno dei suoi primi seguaci. I primi tre successori di Muhammad furono i califfi (khalifa significa «rappresentante, luogotenente»): Abu Bakr as-Siddiq (padre di Aisha, moglie di Muhammad, cioè suo suocero), ‘Umar Ibn al-Khattab e ‘Uthman Ibn ‘Affan, che parteggiavano per la vedova Aisha. Tuttavia ‘Ali Ibn Talib, cugino di Muhammad, aveva sposato Fatima, figlia di Muhammad, e di Khadija. Il quarto califfo e i suoi seguaci (shi’at Ali) non accettarono l’autorità dei primi e ne contestarono l’elezione, reclamando il diritto di successione.
La scissione esiste ancora oggi:
• i sunniti, la corrente più numerosa, riconoscono i califfi ben diretti (Khulafa, arrashidun);
• gli sciiti (da shi’at ‘Ali) ritengono che Ali sia il successore legittimo di Muhammad: da Ali avrebbe avuto inizio una lunga serie di capi spirituali detti imam;
• i kharigiti sono coloro che hanno abbandonato Ali e che richiedono la libertà di elezione del califfo da parte di tutti i musulmani.

Dio e i profeti

Il Dio dell’islam è una divinità difficile da comprendere, di cui l’uomo non deve farsi alcuna rappresentazione. Ma questo Dio, assolutamente unico, che non si può conoscere perché totalmente trascendente, può essere descritto attraverso i suoi 99 nomi, che fanno riferimento ognuno a una caratteristica. La teologia islamica, a differenza di quella cristiana, non fissa dogmi di tipo razionale, ma può essere definita un discorso (kalam) su Dio, compiuto per difendere la fede islamica.
Secondo Muhammad, Allah ha scelto di farsi conoscere all’uomo nel corso della storia attraverso una ininterrotta comunicazione tramite i profeti. Muhammad non è solo l’ultimo profeta, ma anche il più grande di tutti.


Il Corano


Muhammad riteneva che il testo biblico, sia quello dell’Antico Testamento sia quello del Nuovo Testamento, non fosse conforme alla rivelazione autentica di Allah. A suo dire, gli ebrei e i cristiani avrebbero manipolato il messaggio.

Muhammad non scrisse nulla, ma utilizzò, per la trasmissione della fede in Allah, soltanto la predicazione orale. Alla sua morte i seguaci si incaricarono di raccogliere tutto il materiale che avevano ricevuto dal maestro compilando le 114 Sure (o capitoli di lunghezza molto variabile) del loro libro sacro, il Corano (che significa «la proclamazione»), che contiene tutto ciò che Allah ha rivelato agli uomini.
Nel corso dei secoli ci sono state alcune redazioni da parte degli studiosi islamici che sono intervenuti sul testo.
Nel Corano si parla anche di Gesù (che però non è considerato Figlio di Dio) e di Maria, sua madre.

Legge religiosa e legge civile

Il nostro mondo occidentale è un mondo largamente secolarizzato, in cui vi è una netta distinzione giuridica tra la legge religiosa e quella civile. Da molto tempo si è compreso che vi è una notevole differenza tra il «reato», ossia la violazione della legge civile, sanzionato con pene differenti a seconda della gravità, e il «peccato», un comportamento negativo che la persona compie violando esclusivamente la propria coscienza, con ripercussioni morali e spirituali, che non può essere punito dalla legge civile. Nei Paesi islamici, invece, il Corano è posto come base dell’ordinamento giuridico e non vi è distinzione tra religione e vita civile. La violazione di una norma religiosa diventa anche violazione alla legge civile. Le punizioni spesso sono molto dure e possono giungere anche alla pena di morte.
Per l’islam la shari’a, ovvero la legge, ha valore in campo civile e religioso. Le regole contenute nella legge sono tutte fatte risalire al Corano e agli hadith, e quindi a Dio, attraverso la parola di Muhammad. Alcune regole indicano le azioni che un musulmano deve compiere, mentre altre segnalano quelle da cui si deve astenere. Queste regole sono vincolanti e sono considerate un dovere. Se qualcuno trascura di compiere i propri doveri verrà punito.


I cinque pilastri della fede


I doveri principali, anche detti pilastri dell’islam, sono cinque:
1) la professione di fede;
2) la preghiera in direzione de La Mecca;
3) la carità;
4) il digiuno durante il mese del Ramadan;
5) il pellegrinaggio a La Mecca almeno una volta nella vita.


La professione di fede (o shahada)


Si entra a far parte dell’islam o per nascita da una donna islamica o attraverso la shahada, cioè la testimonianza di fede: «Lâ ilâha illâ, wa Muhammad Rasûlu ‘Llâh» («Io testimonio che non c’è altro Dio al di fuori di Allah e che Maometto è il suo profeta»). Con questa professione di fede il musulmano si impegna a essere sahid, cioè fedele alla propria fede ed eventualmente anche a morire nella guerra santa. La professione di fede dovrebbe veinire pronunciata al momento della morte.


La preghiera (o salat)


Il buon musulmano, oltre la preghiera personale che può estendersi anche a tutta la giornata, deve pregare cinque volte al giorno: mattino, mezzogiorno, pomeriggio, sera, notte.
La preghiera si apre con la chiamata del muezzin dal minareto della moschea. La si può compiere in una moschea o dovunque ci si trovi, delimitando lo spazio sacro con la saggada, il tappeto da preghiera o un supporto, e stando a capo scoperto. La preghiera pubblica è un vero e proprio rito composto da un insieme di posizioni e di gesti che esprimono la celebrazione della grandezza di Dio e la sottomissione che ogni fedele musulmano deve avere nei confronti di Allah.


La carità


Per esprimere partecipazione verso i più poveri è chiesto ad ogni musulmano di versare una parte dei propri risparmi, che sarà distribuita ai membri della comunità. Il Corano prescrive la beneficenza: i fedeli lasciano in moschea questo contributo affinché i poveri della comunità possano essere aiutati. In alcuni Stati islamici questa, che una volta era un’offerta libera, è diventata una vera e propria tassa (corrispondente al 2,5% dei propri beni) versata allo Stato che la utilizza per soccorrere i poveri.


Il Ramadan


Il mese del Ramadan, essendo il calendario islamico calcolato sulle fasi lunari non ha cadenza fissa. Durante questo periodo il musulmano si deve astenere dal cibo di qualsiasi tipo, compresi i liquidi, durante tutto il giorno anche se fa molto caldo e deve lavorare, mentre può bere e cibarsi solo dopo il tramonto del sole. È il muezzin che, dall’alto del minareto, dà l’avviso che è giunta l’ora di rompere il digiuno.


Il pellegrinaggio


Il fedele musulmano ha l’obbligo di recarsi in pellegrinaggio a La Mecca almeno una volta nella vita. Naturalmente quest’obbligo deve essere osservato solo da chi è provvisto dei mezzi economici necessari.