Gli altri scritti del Nuovo Testamento

Gli Atti degli apostoli

Tra il 75 e il 90 d.C. l’evangelista Luca, autore del Vangelo, compone gli Atti degli apostoli. Alcuni studiosi affermano che un tempo l’opera di Luca era scritta tutta di seguito. Nelle due opere, Luca ha modo di parlare di Gesù (Vangelo) e della Chiesa (Atti). Così nel Vangelo la Parola, che è lo stesso Gesù, è in viaggio per giungere a Gerusalemme: tutta l’attività pubblica di Gesù deve concludersi nella città santa perché lì deve avvenire il mistero pasquale. Negli Atti, Luca mostra come la Parola di Dio, annunciata da Gesù Cristo, raggiunga Roma da cui può essere diffusa in tutto il mondo. Si tratta di un testo ricco, costruito utilizzando alcune forme letterarie tipiche: i racconti del miracolo, i racconti di missione, gli episodi drammatici, i discorsi, le preghiere e le lettere.
Al centro degli Atti, Luca pone la rilettura degli avvenimenti che vedono gli apostoli Pietro e Paolo come protagonisti, il loro insegnamento e la loro autorità: Luca, che secondo la tradizione è stato testimone di molti fatti narrati, li descrive con accuratezza. Tuttavia il vero protagonista è lo Spirito Santo, dono del Signore risorto. I personaggi storici sono solo i mediatori dell’azione dello Spirito con la testimonianza della Parola.

Le Lettere di Paolo

Le lettere scritte da Paolo alle comunità da lui fondate sono la testimonianza della sua sollecitudine verso di esse: egli si preoccupò di organizzare e di sostenere la vita delle giovani comunità. In generale, le lettere nascono da particolari circostanze e offrono le risposte di Paolo ai credenti che desideravano spiegazioni in materia di fede e di morale. Così le lettere contengono sia l’esposizione di dottrine importanti attraverso le quali arricchire e approfondire la predicazione evangelica, sia la severa condanna di chi si allontanava dalla fede seguendo idee e comportamenti in voga nel mondo pagano. Tuttavia non è possibile considerare questi scritti come veri e propri trattati di teologia. Esse infatti non sono una trattazione sistematica, ma intendono rispondere a problemi concreti sorti all’interno delle comunità. Si tratta di documenti preziosi perché sono una prima interpretazione teologica del cristianesimo: sono le più antiche testimonianze del Nuovo Testamento, scritti prima del Vangelo di Marco.
Il corpus paolino si compone di tredici lettere. Tuttavia oggi gli studiosi riconoscono come autentiche, vale a dire come lettere sicuramente dettate personalmente da Paolo: Prima lettera ai Tessalonicesi, Prima lettera ai Corinzi, Seconda lettera ai Corinzi, Galati, Romani, Filemone, Filippesi.
Le altre lettere possono essere ricondotte alla sua autorità, ma non sono state dettate da lui. Tuttavia non tutti i commentatori sono unanimi nel rifiutarle. Sono in discussione la Lettera ai Colossesi, la Seconda lettera ai Tessalonicesi e la Lettera agli Efesini.
Sono quasi da tutti ritenute come non attribuibili all’opera di Paolo la Prima e la Seconda lettera a Timoteo e la Lettera a Tito.

Le Lettere cattoliche

Sono dette Lettere cattoliche alcuni testi brevi, composti tra il 60 e il 90 d.C.: Lettera agli Ebrei; Prima, Seconda e Terza lettera di Giovanni; Prima e Seconda lettera di Pietro; Lettera di Giacomo; Lettera di Giuda.
I destinatari sono tutti i gruppi cristiani sparsi nel mondo (cattoliche significa appunto universali) o più Chiese cristiane. In esse si approfondisce la riflessione sul mistero della salvezza e sulle conseguenze che la salvezza portata da Gesù ha avuto per gli uomini. Non si tratta di una semplice conoscenza intellettuale, ma è qualcosa che chiama profondamente il credente il quale è chiamato alla conversione dal peccato e all’impegno a compiere la volontà di Dio, durante tutti i giorni della sua vita. Gli scritti sono pastorali, nel senso che offrono indicazioni pratiche sul corretto modo di essere e comportarsi da cristiani.

L’Apocalisse

Il temine «Apocalisse» significa «rivelazione», nel senso di «togliere il velo», mettere in luce ciò che è nascosto. L’Apocalisse è un testo che molti potrebbero definire «particolare» a causa dello stile, delle immagini utilizzate, che possono sembrare molto lontane dalla nostra cultura ma ben conosciute al momento della sua composizione, e della logica interna. Per comprendere la cultura di partenza in cui questo testo ha visto la luce è necessario tenere presente che ci troviamo davanti a un libro che appartiene al genere letterario profetico e apocalittico insieme. Il testo ha l’intenzione di rivolgersi ai credenti perseguitati a causa della loro fede, ricordando loro, attraverso l’uso di immagini simboliche, che il mistero della salvezza compiuta da Cristo è ormai cosa certa. Anche se perseguitati, anche se sottoposti a dure prove, i credenti ormai vivono nella speranza di stare per sempre alla sua presenza. Gesù infatti non è solo il Messia, ma è colui che dà senso alla storia e al mondo, ed è la meta a cui essi giungeranno. Ciò significa che la storia e il mondo dell’uomo sono vicini al rinnovamento perché Cristo ha vinto il male e la morte, e la salvezza operata dal Cristo è già all’opera nel mondo. Il testo fu composto tra il 90 e il 100 d.C. dal presbitero Giovanni.

Tradizione e Sacra Scrittura

Come si afferma nella Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II, Dei Verbum, la Sacra Scrittura è la Parola di Dio messa per iscritto sotto «ispirazione dello Spirito divino». Quanto alla Tradizione, essa conserva la «Parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli apostoli», la trasmette «integralmente ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano».
I cristiani affermano che la Bibbia è stata scritta per ispirazione divina. Ma che cosa vuol dire questo? Affermare che la Bibbia è un libro ispirato significa dire che è lo Spirito Santo, e quindi Dio, il primo autore del testo.
In realtà noi sappiamo che non è stato Dio a scrivere direttamente sulla pergamena o sul papiro il testo, ma che molti uomini hanno collaborato alla stesura di questo capolavoro. Allora come si possono conciliare le due affermazioni? Come si può dire che Dio è l’autore del testo, ma che di fatto sia stato l’uomo a scriverlo materialmente? La Chiesa afferma che Dio ha ispirato all’uomo che cosa doveva essere scritto, ma che l’uomo ha liberamente lavorato per far sì che il messaggio giungesse nel modo più integro possibile a tutti gli uomini. È chiaro che il testo risente dell’epoca in cui un libro è stato scritto, della mentalità dell’autore e della comunità in cui questo doveva essere letto e meditato, ma ciò non significa che Dio non abbia lavorato per mezzo della sua grazia affinché tutto questo non fosse un’autentica opera di rivelazione all’uomo.
Perciò gli autori del testo biblico sono:
• Dio, che ha ispirato;
• l’uomo che ha collaborato prestandosi a porre per iscritto la rivelazione divina.
Dio non avrebbe potuto dettare parola per parola la rivelazione perché in questo modo avrebbe intaccato la libertà dell’uomo, che mai è stata da Dio violentata.