La proposta cristiana

Il passaggio allo spirituale

Il documento di papa Giovanni Paolo II che abbiamo citato in apertura presenta due affermazioni interessanti:
• Tra gli altri esseri creati e l’uomo esiste una «differenza ontologica», cioè una differenza che riguarda la realtà più profonda dell’essere. Significa che l’uomo è la sola creatura che sia simile a Dio: ogni essere umano è sostanzialmente diverso dagli animali proprio a partire dall’essenza (dalla parte più profonda, caratteristica, costitutiva) del suo essere.
• Le scienze naturali sono in grado di registrare le trasformazioni, avvenute nell’uomo ma non di stabilire quando e come lo spirituale sia entrato a far parte della realtà umana. Tuttavia, è possibile intravedere i segni, le tracce di questo cambiamento: le impronte delle mani degli uomini lasciati sulle caverne, le prime incisioni di segni e simboli sono le vestigia dello spirituale che si fa strada nell’uomo e che lo trasforma.

La risposta cristiana

Come possiamo leggere dal Salmo 8, anche il testo biblico si pone la domanda di fondo: che cos’è l’uomo?
L’autore del salmo non pone al centro l’uomo nella sua drammatica complessità e con i suoi problemi, ma sottolinea la grandezza di Dio in rapporto alla piccolezza dell’essere umano, che suscita la meraviglia del salmista: egli non sa spiegare perché Dio si occupi di qualcosa di così piccolo, tuttavia comprende che l’uomo non è come gli altri animali, poiché è stato fatto
«poco meno di un dio» e perciò possiede un potere che le bestie non hanno. Dunque, se gli animali non possono sperare nulla dalla loro vita, l’uomo può nutrire una speranza di salvezza perché è «coronato di gloria e di onore». Il salmista è consapevole che l’uomo è una creatura e come tale è costretta a misurarsi con la realtà della morte, cosa che lo distingue dalla divinità. E sono proprio la sofferenza e la morte gli ostacoli che emergono nel momento in cui l’uomo prova a dare un senso alla sua esistenza.

La risposta in una persona

Secondo la costituzione pastorale Gaudium et spes (che vi invito a leggere per intero) la Chiesa offre a tutti gli uomini come risposta ai loro interrogativi Cristo, ovvero una persona e non un concetto.
Tale documento intende partire – e lo dichiara sin dall’inizio – dalle «gioie e speranze, tristezze e angosce degli uomini d’oggi», dagli interrogativi e dai «segni dei tempi». Ciò significa che i padri conciliari scendono nell’agone in cui ogni giorno l’umanità si dibatte e si misurano con quei nodi che abbiamo citato. Tuttavia, all’uomo frammentato, «liquido», al vagabondo insoddisfatto e frettoloso, alienato, la Gaudium et spes propone un modello forte, una visione unitaria del mistero dell’uomo indicato nella concretezza della carne assunta dal Verbo di Dio in Gesù di Nazaret, che ha calpestato le polverose strade della Palestina oltre duemila anni fa.

L’uomo creato come figlio

Secondo la Bibbia, Dio ha creato l’uomo come essere finito, ma destinato alla salvezza e alla felicità eterna. Dio crea l’uomo a sua immagine (Gaudium et spes 12) e perciò capace di conoscere e amare il proprio creatore. Lo crea figlio con un progetto di amore totale: l’uomo è creatura soggetta al creatore, dipende da lui, ma ha una dignità eccezionale, quella di figlio di Dio e di re della creazione. Dio infatti conduce ad Adam tutti gli animali affinché egli imponga loro un nome.
La tradizione biblica, diversamente dalle cosmologie orientali coeve, non solo nega che gli elementi naturali siano divinità, ma sostiene che l’uomo non è sottomesso alle forze della natura, poiché ne è stato costituito sovrano. Egli è il re del creato non nel senso che può dominare e sfruttare gli altri esseri viventi, ma perché deve saper governare sapientemente la creazione per il bene di tutti.
Secondo la Gaudium et spes, essere a immagine di Dio si traduce per l’uomo nella configurazione a Cristo, secondo quanto afferma san Paolo: «Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione» (Lettera ai Colossesi 1,15). Questa è, in fondo, la grande vocazione a cui l’uomo è chiamato.

La dignità della persona umana

Creato come figlio di Dio, tuttavia l’uomo ha peccato e questa sua libera scelta contraddice la sua vocazione alla salvezza (n.13). Costituito unitariamente di anima e di corpo (n. 14), l’uomo è superiore alle altre creature poiché è dotato di intelligenza, amore, desiderio per la Verità, la Sapienza e il Bene (n. 15). Inoltre, l’uomo possiede una coscienza morale (n. 16) e ha in sé la libertà, che è per lui un segno dell’essere creato a immagine di Dio (n. 17). L’uomo non può giungere alla salvezza attraverso la formulazione di concetti o elaborando complesse filosofie, ma tramite Cristo (n. 22), l’unico in grado di spiegare chi è l’uomo. Se l’autore sacro poneva Dio e la sua azione creativa al centro del suo schema, la Gaudium et spes pone al centro Cristo.

L’Incarnazione illumina il mistero dell’uomo

Secondo la Gaudium et spes, il mistero dell’uomo viene illuminato dal mistero dell’ incarnazione di Gesù. Se Dio ha impastato del fango per dare forma all’uomo, questo è stato modellato a immagine di Dio (cf. Genesi 1,26) e dunque anche a immagine di Cristo, poiché Cristo è vera immagine di Dio (cf. Lettera ai Colossesi 1,15). In quanto immagine di Dio e Verbo incarnato, Gesù Cristo realizza una duplice rivelazione:

• rivela Dio Padre all’uomo;

• rivela l’uomo a se stesso.

Il senso di tutto, dunque, si può ritrovare in Cristo, l’unica immagine del Dio invisibile. Egli, infatti, non è soltanto «perfettamente uomo» (cioè vero uomo), ma anche «uomo perfetto», vale a dire perfettamente realizzato. Possiamo allora dire che Cristo è il vero modello di uomo, il solo che possa restituire all’uomo quella somiglianza con Dio che l’umanità ha perso a causa della scelta di opporsi a Dio con il peccato.

L’Incarnazione libera l’uomo

L’incarnazione di Gesù (che è unica e irripetibile) non rende schiavo l’uomo, ma lo fa ancora più uomo. In un certo senso, il Verbo si è unito ad ogni uomo e ciò fa sì che l’Incarnazione non possa essere interpretata come qualcosa di esterno: la natura umana è stata in questo modo elevata non solo in Cristo, ma in ogni uomo. All’uomo di oggi, bloccato nella difficoltà di trovare un senso tanto ai vagiti che provengono dalla culla, quanto al rantolo che giunge dal letto del morente, il Concilio assicura che questi eventi hanno un senso scaturito dalla Pasqua di Gesù. Poiché ogni cristiano è associato nel Battesimo all’evento pasquale, egli è proprio per questo evento «interiormente rifatto» e la sua trasformazione più piena culminerà al momento della risurrezione. Tutta l’umanità è chiamata a unirsi a Cristo poiché Cristo è morto per tutti: lo Spirito Santo dona a tutti gli uomini la possibilità di entrare in contatto con il mistero pasquale di Cristo «nel modo che Dio conosce».
Il cristianesimo non ha una visione del mondo che situa l’uomo lontano da Dio: l’uomo non è una creatura che Dio vuole sottomettere, né l’unione provvisoria di un’anima pellegrina in cerca di sempre nuovi corpi con cui unirsi. Secondo il cristianesimo, l’uomo è da Dio chiamato addirittura alla divinizzazione, attraverso l’azione del Cristo e dello Spirito Santo.

Cambio di modelli

In seguito alle scoperte delle scienze biologiche e umane, la concezione della sessualità ha subìto un notevole cambiamento. Le scienze biologiche hanno chiarito alcuni importanti meccanismi della sessualità e della procreazione e le scienze umane ne hanno messo in luce le influenze culturali. I ruoli sessuali e i rapporti tra i sessi, il legame fra sessualità e matrimonio, la stessa naturalità dei sessi, che in precedenza erano dati per acquisiti, sono stati messi in discussione. Queste modificazioni hanno fatto sì che oggi la sessualità sia tendenzialmente vissuta senza dare priorità alla funzione procreativa e ne siano messe in risalto soprattutto le caratteristiche ludiche, erotiche, espressive, affettive. In questo modo, si privilegiano le dimensioni soggettive e private: la vita sessuale deve realizzare prima di tutto il benessere personale dell’individuo.

La teoria del gender

Negli ultimi anni si è sviluppata la teoria del GENDER (= gene- re), che consiste principalmente nella negazione della rilevanza antropologica delle differenze sessuali, biologicamente definite. Secondo i pensatori della teoria del gender, le differenze tra l’uomo e la donna e il sistema tradizionale dei sessi sono il prodotto della cultura. Secondo questa teoria, l’impostazione rigida dei ruoli all’interno della società e della famiglia, i diversi modelli di comportamento del maschio e della femmina, che è possibile rinvenire nelle culture, e i profili psicologici, che distinguerebbero gli uomini dalle donne, devono essere considerati la risposta elaborata dalle attese sociali di ciascun sistema culturale. Il genere maschile e femminile, dunque, non sarebbero altro che una costruzione sociale.

La sessualità come senso

Queste prospettive, rilette in un contesto antropologico adeguato, possono contribuire ad arricchire la visione della sessualità umana. Tale dimensione investe completamente la persona radicandola per un verso al mondo della natura e sospingendola al contempo verso la cultura. Da ciò deriva che nell’uomo e nella donna non vi possa mai essere una realtà che sia sottomessa unicamente al mondo della natura o a quello della cultura. Occorre tenere presente che l’essere umano, in quanto essere simbolico, vive la sua sessualità alla luce di un significato che deve essere accolto, elaborato e vissuto attraverso i linguaggi, i segni e i valori che gli vengono offerti dalla cultura in cui vive e che vanno ricercati in quel contesto. La cultura non è indifferente per l’uomo, ma essa non può da sola determinare il senso né prescindere dal dato biologico.

La risposta della Chiesa

La visione cristiana della sessualità non può essere costruita sulla distinzione fra sex e gender, perché non è accettabile l’affermazione che vorrebbe l’identità sessuale staccata dalla natura. Se così fosse, infatti, l’atto creativo riguarderebbe soltanto il piano biologico e ciò vorrebbe dire non riconoscere la volontà di Dio nel creare una persona come uomo o donna. Ciò significherebbe che Dio non ha nessun progetto sul matrimonio e neppure su come il genere umano debba vivere la propria sessualità: ogni individuo, a partire dal contesto culturale in cui è inserito, dovrebbe trovare il proprio modo di vivere la sessualità, al di fuori di ogni criterio. Seguendo questi argomenti, non sarebbe più possibile pensare all’esistenza di una morale sessuale, perché tutto sarebbe lasciato alla valutazione del singolo individuo. Per tutti questi motivi, la teoria del gender rappresenta una concezione inaccettabile dal punto di vista teologico.
Tuttavia, la nozione di gender potrebbe rivelarsi una categoria utile per le scienze umane. I ricercatori che hanno studiato le differenze di genere sono riusciti a mettere in luce i criteri oppressivi di molti sistemi patriarcali, sistemi che ad esempio limitano, ricorrendo ad arbitrarie motivazioni, l’accesso ai ruoli di potere da parte delle donne.