La cristianità in cammino

Il pellegrinaggio in Terra Santa

Fin dalle origini, i credenti fecero oggetto di particolare venerazione i luoghi dove si era compiuta la vicenda storica di Gesù e dei protagonisti della comunità apostolica:

Gerusalemme, in primo luogo, dove si faceva memoria dei luoghi della passione e risurrezione;

Betlemme, luogo dove si faceva memoria della nascita del Salvatore, dell’adorazione dei pastori, della visita dei magi;

Nazaret, il villaggio dove Gesù visse la fanciullezza, l’adolescenza e la gioventù, paese di Maria e di Giuseppe, dove in particolare si faceva memoria della annunciazione;

• Il Lago di Galilea, con Cafarnao, teatro della prima predicazione di Gesù, luoghi dove egli scelse gli apostoli, dove fece molti miracoli, presso le cui rive annunciò con le Beatitudini il cuore del messaggio del suo Vangelo.
All’inizio furono semplici indicazioni che la memoria dei primi testimoni mostrava alle nuove generazioni di credenti; poi, appena possibile, si curò la conservazione del luogo con la costruzione di un edificio che «contenesse» o «proteggesse» quella sacra memoria.
In tempi di persecuzione quei luoghi furono però danneggiati, talvolta distrutti, in qualche caso (come avvenne a Gerusalemme) sepolti sotto cumuli di detriti, sopra i quali vennero edificati altri edifici per farne perdere la memoria e renderne difficile l’identificazione.
Solo nella prima metà del IV secolo, dopo la fine delle persecuzioni, quei luoghi sacri per la fede furono ritrovati, riscoperti, dissepolti, e nuovamente onorati e venerati.
Costantino, per compiacere la cristiana imperatrice madre Elena, costruì grandiose basiliche a Gerusalemme – sui luoghi della risurrezione (Rotonda della Anastasis) e della crocifissione, sul luogo della predicazione del Padre Nostro (Basilica dell’Eleona) – a Betlemme, a Nazaret.
Verso quei luoghi, via via restaurati e abbelliti, si indirizzarono nuovamente i PELLEGRINAGGI dei credenti: quello in Terra Santa, in particolare a Nazaret, al Lago di Galilea, a Betlemme e a Gerusalemme fu presto definito il Grande Pellegrinaggio, perché conduceva ai luoghi-simbolo fondamentali per la fede.

Pellegrinaggi in Europa

In origine si trattò dei percorsi più frequentati per raggiungere dalle nazioni cristiane d’Europa la Città eterna, quella Roma dove si veneravano le tombe dai santi apostoli Pietro e Paolo, che lì avevano subito il martirio. Le tombe degli apostoli divennero mete finali di importanti vie di pellegrinaggio: la principale fu chiamata proprio Via Romea, perché conduceva a Roma – o Via Francigena, perché in direzione opposta, conduceva verso la Francia o la Svizzera.
Prolungamento della Via Romea, da Roma verso Brindisi o Bari, era la Via Gerosolimitana, perché la percorrevano quei pellegrini che, imbarcatisi nei porti pugliesi, avrebbero poi raggiunto via mare Acri e da lì Gerusalemme.
Famosissima divenne poi, la Via Lattea – così chiamata perché costellata di chiese e di monasteri costruiti in chiara pietra locale, che splendevano da lontano come le stelle della Via Lattea: un «fascio» di strade che dalle diverse contrade di Francia conduceva, attraverso il Paese Basco e le Asturie, nel nord della Penisola iberica, sino alla lontana Galizia e al santuario di San Giacomo (Sant’Jago) – a Compostela, laddove la tradizione collocava il ritrovamento del corpo dell’apostolo.
Mete importanti di pellegrinaggio erano anche le Vie dell’Angelo, i santuari dedicati all’arcangelo Michele, il «guerriero di Dio» impegnato contro le forze del male. Era venerato nel monastero-fortezza di Mont-Saint-Michel in Normandia, a San Michele della Chiusa, all’imbocco della Valle di Susa, in Piemonte, e a San Michele del Gargano.

Lungo le vie percorse dai pellegrini sorsero molte e importanti chiese per accogliere la grande massa di fedeli che camminavano per tutta l’Europa per raggiungere Santiago di Compostela, in Spagna, o Roma.

Tra religione e politica

La conquista islamica dell’antica Giudea-Palestina, avvenuta circa a metà del VII, secolo non aveva comportato la distruzione delle comunità e dei luoghi di culto cristiani in Terra Santa. Il governo degli Omayyadi prima e degli Abbasidi poi aveva consentito il proseguimento delle visite dei pellegrini cristiani. Ancora nel 1064-1065 il vescovo dell’importante città tedesca di Bamberg poteva guidare in Terra Santa, secondo i cronisti dell’epoca, ben dodicimila pellegrini.
Le cose cambiarono, e molto, negli ultimi decenni dell’XI secolo, con la travolgente conquista da parte dei turchi Selgiuchidi di gran parte del califfato Abbaside, la sconfitta a Mazinkert dei Bizantini che persero per sempre il controllo dell’Anatolia, e la minaccia diretta alla stessa Costantinopoli. I pellegrini cristiani furono sempre più spesso minacciati e perseguitati, e per i cristiani di fatto divenne impossibile, o comunque assai rischioso, avventurarsi in Terra Santa.

Liberare i luoghi santi

In seguito all’accorato appello all’Occidente dell’imperatore bizantino Alessio Comneno, papa Urbano II (Oddone di Lagery, già monaco a Cluny) decise di promuovere un intervento militare per liberare i luoghi santi dal dominio musulmano e restituirne ai credenti il possesso. L’azione fu presentata come un vero e proprio pellegrinaggio armato, nel quale i pellegrini avrebbero dovuto combattere militarmente, ma per uno scopo religioso e con l’obiettivo di difendere la fede dai nemici persecutori, liberando dagli «infedeli» i luoghi santi della tradizione cristiana. I pellegrini-soldati si sarebbero identificati grazie a una grande croce rossa da portare sulla sopravveste o sull’armatura. Ebbe così origine la prima crociata che portò in Medio Oriente, a partire dalla base logistica di Costantinopoli, forse addirittura trecentomila soldati. I turchi non si aspettavano certo un’offensiva tanto poderosa, e affrontarono l’esercito crociato divisi e disorganizzati. Così, in circa due anni e mezzo, i crociati conquistarono vasti territori in Asia Minore, in Siria, in Palestina; poi, nel luglio 1099, dopo un breve assedio, riuscirono a conquistare Gerusalemme, con un sanguinosissimo massacro e un feroce saccheggio.

La riconquista musulmana

Il pellegrinaggio armato ebbe come conseguenza politica la creazione nel Vicino Oriente di una serie di principati latini. Per circa un secolo i crociati dominarono quei territori. Con straordinaria vitalità costruirono o ricostruirono basiliche, chiese, conventi e castelli, fondarono ordini religiosi cavallereschi, rafforzarono le comunità e le gerarchie episcopali e monastiche. Verso la fine del XII secolo, il sultano d’Egitto Salah-ad-Din (Saladino) guidò la riconquista musulmana: ai Corni di Hattin, presso il Lago di Galilea, sconfisse nel 1187 le truppe del regno di Gerusalemme, che tornò sotto il dominio musulmano.

Uomini e donne di Dio

Nel corso del XII secolo la cristianità occidentale fu nuovamente percorsa da un profondo bisogno di religiosità, di ritorno alla purezza della fede evangelica. Questa esigenza maturò in una critica profonda soprattutto nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche: si chiedeva di vivere la povertà evangelica, la purezza degli ideali cristiani, spesso anche con esagerato rigore.

I movimenti pauperistici

Nacquero in diverse parti d’Europa, ma soprattutto in Francia, in Italia, nelle Fiandre, movimenti pauperistici, che indicavano nella pratica della più rigorosa povertà un ideale assoluto e irrinunciabile per la vita del credente, e che sempre più nettamente guardavano alla storia e al mondo come gli scenari nei quali si giocava l’eterna lotta fra il principio del bene e quello del male.
Questa esigenza di spiritualità, di purezza, di forti ideali evangelici portò al maturare di eresie: quella nata in seno alla comunità fondata a Lione da Pietro Valdo, e condivisa in Italia e in Francia dalle comunità degli Umiliati, dei Poveri Lombardi; quella diffusa in Francia sud-occidentale e in Lombardia dai cosiddetti Catari (che significa «puri»), detti anche Albigesi dalla città francese di Albi.
Queste dottrine vennero condannate dalla Chiesa di Roma, che ricorse anche ad azioni violente, come la «crociata» bandita da papa Innocenzo III a fine XII secolo contro gli Albigesi.
Ma nuove grandi personalità avrebbero ben presto incanalato queste esigenze di rinnovamento e di profonda spiritualità in modo più corretto ed equilibrato.

Francesco di Bernardone (1182-1226), figlio di un ricco mercante di Assisi, dopo una spensierata giovinezza da privilegiato erede di ricca famiglia comunale si convertiva al Vangelo delle Beatitudini. Consacrava allora la sua vita a servire, come povero, i più poveri e tutti quanti con la predicazione della parola di Dio. Francesco era portatore di un messaggio positivo, di gioia serena nella fede del Risorto: come allegro «giullare di Dio», ribelle alle convenzioni della società del suo tempo, ma fedele al Vangelo del Cristo, raccoglieva presto intorno a sé folle di giovani desiderosi come lui di porre la propria vita al servizio dei più alti e nobili ideali cristiani. Francesco predicava e serviva i poveri, lavorava instancabilmente a servizio della comunità e della Chiesa locale: veniva incoraggiato nel suo progetto da papa Innocenzo III, organizzava i suoi seguaci nella forma di frati minori, si dava infine una regola, e otteneva da papa Onorio III l’approvazione ufficiale del suo ordine. Ordine che nell’arco di pochi decenni conterà in Europa oltre 1600 conventi, tutti
«cittadini»: soprattutto nel cuore delle città comunali, in Italia, nelle Fiandre, in Francia, i conventi francescani sono centri vitali di vita cristiana, dotati di mensa per i poveri, foresteria, ospizio per anziani e malati, centri di missione e di predicazione.
Altra straordinaria personalità del tempo, quasi coetaneo di Francesco è Domenico di Guzmán (1170-1221), spagnolo, appassionato predicatore, così innamorato del Vangelo da volerne comunicare le verità in modo corretto, chiaro, comprensibile a tutti. Desiderò fare della missione e della predicazione popolare, oltre che dello studio della teologia, il centro assoluto della propria vocazione religiosa. Anche i domenicani, come furono ben presto chiamati i suoi numerosi seguaci, ottennero da papa Onorio III nel 1226 l’approvazione di una propria regola. Anch’essi fondarono numerosissimi conventi cittadini: molti di loro, così come i francescani, divennero in breve tempo grandi studiosi di filosofia e di teologia, protagonisti dei più importanti Studi europei, a Parigi, a Bologna, a Roma. Ciascuno dei due ordini scelse di rifiutare che i propri membri fossero in possesso di beni personali: furono per questo detti «mendicanti», perché le loro istituzioni sopravvissero solo grazie alle donazioni libere del popolo cristiano, che li beneficiavano proprio come si fa con i mendicanti. Ciascuno dei due Ordini ebbe un ramo maschile, uno femminile e un terz’ordine aperto ai laici desiderosi di condividere gli ideali dell’istituzione, pur senza pronunciare i voti religiosi.

Un «ponte di pace»

Nel 1217, Francesco decise di organizzare l’ordine da lui fondato in province: definì allora anche la costituzione di una provincia di Terra Santa, estesa a tutte le regioni del bacino sud-orientale del Mediterraneo, ivi compresi i luoghi dove si svolse la vicenda terrena di Gesù Cristo. Tra il 1219 e il 1220 Francesco si recò in quella regione e incontrò il sultano al-Malik al-Kamil (nipote del Saladino), che rimase impressionato dalla personalità del santo. Ai francescani venne così concesso di aprire nella regione delle fondazioni, che nel 1263 vennero organizzate nelle cosiddette «Custodie», perché incaricate anzitutto di custodire i luoghi santi della fede cristiana. Nel 1333 i sovrani di Napoli acquistarono dal Sultano l’area tradizionalmente riferita al Cenacolo, e i diritti per la celebrazione del culto nel Santo Sepolcro: tutto quanto venne poi donato ai francescani, che da allora conservano questi e molti altri luoghi della Terra Santa. Nel 1342 papa Clemente VI ufficializzò la costituzione della Custodia di Terra Santa, che da allora svolge un’importante missione di servizio ai poveri, di difesa della comunità cristiana, di predicazione e di testimonianza evangelica, «su mandato e per volontà della Chiesa universale». Soprattutto negli ultimi decenni questo mandato è divenuto un vero proprio «ponte della pace» lanciato verso le altre comunità cristiane che vivono in Terra Santa, verso le comunità musulmane, verso la stessa comunità israelita e il governo dello Stato d’Israele: un ponte lanciato per servire i più poveri, accogliere i pellegrini, pregare e difendere e tutelare la comunità cristiana presente in quelle terre, annunciando con la predicazione, la vita e le opere il Vangelo della salvezza.

La città medievale

Durante i secoli del Basso Medioevo le città dell’Europa occidentale erano luoghi dove le comunità cristiane, ormai molto consolidate e assolutamente maggioritarie, esprimevano la propria fede nel quotidiano attraverso persone e associazioni, e con la costruzione di luoghi di culto e l’esposizione di simboli significativi.

Cattedrali, battisteri, monasteri e conventi cittadini

Uno degli elementi che «facevano» di un centro urbano una civitas (= città) era la presenza di un vescovo e della sua chiesa cattedrale.
Il vescovo, con la sua curia (termine latino che identifica l’insieme degli ecclesiastici e degli uffici spirituali o amministrativi loro affidati), assicura dignità e prestigio al centro urbano, cui fanno riferimento i villaggi e le campagne circostanti, il cosiddetto contado, e anche tutta una serie di privilegi e vantaggi economici. La cattedrale è la chiesa in cui il vescovo pone la sua cattedra, cioè la sedia d’onore da cui impartisce il suo insegnamento.
Tale edificio diventa, poco a poco, segno e simbolo distintivo non solo della comunità dei credenti, ma di tutta la comunità civile locale. La cattedrale, casa della comunità dei credenti, era costruita certo a maggior gloria di Dio, ma anche per manifestare il prestigio e la ricchezza e la qualità del lavoro che la città intera era capace di esprimere.
Accanto alla cattedrale medievale, solitamente sorge un altro importante edificio cristiano: il battistero, che accoglie al suo interno una grande vasca utilizzata per le solenni immersioni e liturgie con le quali si celebrava il primo dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.
Soprattutto a partire dal XII secolo, risiedevano in città varie comunità di religiosi e religiose: all’inizio si trattava per lo più di fondazioni benedettine; in seguito furono francescani e i domenicani che, edificando conventi, fecero delle città il luogo naturale della loro missione. Per questo motivo si moltiplicarono i monasteri e i conventi cittadini: ciascuno con la propria chiesa e le abitazioni per monaci e religiosi e, sempre all’interno dello stesso recinto, talvolta anche molto ampio, gli edifici per scuole, ospizi, ospedali che costituivano le «opere» cui si dedicavano i loro «inquilini».
Tipiche dell’epoca sono anche le cappelle e le chiese delle numerosissime confraternite.

Così tra cattedrali, battisteri, chiese conventuali e monastiche, cappelle di congregazioni – molte delle quali arricchite poi con il tempo da alti campanili – la città medievale venne segnata profondamente da simboli cristiani: il più frequente e caratteristico dei quali era la croce.

Le università

Un altro tipo di persone, in qualche modo profondamente legate al mondo della fede cristiana, affolla sempre più alcune importanti città italiane ed europee dell’epoca: si tratta degli studenti, che, con i loro professori verranno a costituire le università degli studi. Quale fu la loro origine?
A partire dalla fine dell’XI secolo, e poi via via sempre più frequentemente nel XII e XIII, furono fondate in Europa le università. La prima, secondo gli studi più accreditati, fu quella fondata a Bologna verso l’anno 1088. Gruppi di studenti, desiderosi di ricevere un insegnamento di qualità, si misero insieme, condivisero quello che avevano, ricercarono fondi, donazioni e «sponsor» per pagare dotti professori affinché insegnassero loro diritto e teologia, soprattutto, e le cosiddette arti del trivio (retorica, grammatica e dialettica), per saper ben parlare e argomentare, e del quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia).
A seconda della loro provenienza, gli studenti, che di solito erano molto giovani (fra i quattordici e i vent’anni), si raggruppavano in nazioni, eleggevano un rettore e si riunivano in collegi per aiutarsi reciprocamente in ogni necessità.
Questa organizzazione differiva da quella ad esempio di Parigi, dove l’Università degli Studi era costituita da un gruppo di professori che ricevevano fondi e donazioni per poter dare istruzione agli studenti che ne facevano richiesta.
Le università in Europa furono un fenomeno straordinario e molto importante, e contribuirono a diffondere istruzione e cultura. La teologia, la filosofia, il latino, il greco e l’ebraico furono fra le discipline più importanti, insieme al diritto civile e a quello ecclesiastico (canonico). Presso le grandi Università d’Italia e d’Europa per secoli insegnarono infatti grandi teologi e pensatori cristiani e tutti, a loro modo, contribuirono all’approfondimento della fede e della cultura cristiana.