Le origini della società moderna in Occidente

L’ASPIRAZIONE AL GUADAGNO NELL’IMPRESA CAPITALISTICA

L’impulso acquisitivo e l’aspirazione al guadagno, al guadagno monetario più grande possibile, non ha di per sé nulla a che fare con il capitalismo. Questa aspirazione è esistita ed esiste in camerieri, medici, cocchieri, artisti, cocottes, funzionari corruttibili, soldati, banditi, crociati, frequentatori di bische, mendicanti – si potrebbe dire – in all sorts and conditions of men, in tutte le epoche e in tutti i paesi della terra, laddove ne era data e ne data la possibilità oggettiva (…). La più sfrenata bramosia di acquisizione non si identifica per nulla con il capitalismo e tanto meno con il suo «spirito». Il capitalismo può addirittura essere identico con l’imbrigliamento almeno con il temperamento razionale di questo impulso irrazionale. Invero il capitalismo si identifica con l’aspirazione al guadagno nell’impresa capitalistica, continuativa, e ad un guadagno sempre rinnovato, ossia alla redditività.
(Max Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, in Sociologia della religione, Comunità, Milano 1982).

SICUREZZA E FELICITÀ

Noi riteniamo che sono per sé stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti ci sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità. (dalla Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America)

I DIRITTI NATURALI, INALIENABILI E SACRI DELL’UOMO

I rappresentanti del popolo francese costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro incessantemente i loro diritti e i loro doveri(…): Art. 1 – Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.
(dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, 26 agosto 1789)

Il mutamento

Nella storia vi sono epoche in cui il tempo sembra scorrere in modo rallentato. In questi periodi gli uomini hanno l’impressione di vivere in modo molto simile a quello dei loro genitori o dei loro nonni. A volte la staticità è solo questione di apparenza: il mutamento di fatto c’è, ciò che varia è la velocità con cui questo si manifesta. Se ci occupassimo di esaminare da vicino la vita di una famiglia contadina europea di due secoli fa e la confrontassimo con una analoga di tremila anni addietro potremmo scoprire che fondamentalmente le due esperienze di vita non divergono in modo sostanziale. Questa uniformità almeno apparente è il tipico caso di una società statica o con un mutamento sociale lento. Tuttavia tra il XVI e il XIX secolo la trasformazione accelerò considerevolmente investendo la sfera economica, politica, giuridica, culturale e religiosa e modificando la vita di milioni di persone appartenenti a tutti gli stati sociali.

L’uomo imprenditore

Uno dei motori di cambiamento è stato il sorgere del capitalismo e il manifestarsi di “uomini nuovi” provenienti dai diversi stati sociali i quali non si accontentarono più di lavorare seguendo la tradizione per poter al massimo vivere decorosamente, ma vollero innovare il loro procedimento di produzione per allargare il giro d’affari ed espandere l’area di influenza dell’impresa. In questo periodo muta l’approccio col denaro. L’imprenditore si distinse dai nobili che solitamente non si dedicavano alla produzione di beni o dal semplice accumulatore di ricchezze. Al contrario l’imprenditore e la sua famiglia iniziarono a condurre una vita morigerata e risparmiosa.

L’origine religiosa

Max Weber ha ipotizzato che alla base del capitalismo ci possa essere un atteggiamento ascetico di tipo mondano che ha il fine di manipolare la realtà terrena e dominarla. Tale ascesi non deve essere confusa con quella dei monaci o degli eremiti o delle persone veramente religiose le quali si dedicano all’elevazione dell’anima attraverso la pratica delle virtù. Secondo Weber la teoria della predestinazione influenzò l’agire economico degli fedeli delle Chiese Protestanti i quali pensavano che nel successo terreno, sarebbe stato possibile percepire un segnale della salvezza. Per questo motivo i fedeli Protestanti cercarono di condurre una vita attiva astenendosi dal lusso e impegnandosi nel perseguimento dell’aumento del capitale. La teoria di Weber è stata molto criticata.

Il cittadino

Il potere assoluto del sovrano venne minato alle sue fondamenta dalle idee della Riforma e dalla filosofia dell’Illuminismo. Le grandi rivoluzioni del XVII e XVIII secolo (stiamo parlando delle rivoluzioni inglese, francese e americana) portarono con sé una nuova concezione dello Stato dove la fonte della sovranità non era più attribuita unicamente al sovrano, ma all’insieme dei cittadini. L’idea che i cittadini non siano soltanto sudditi, ma titolari di diritti era conosciuta già nell’antichità. La democrazia ateniese conosceva bene il concetto di “diritti di cittadinanza” anche se questa non era estesa a tutta la popolazione, ma attribuita soltanto a chi deteneva il titolo di “cittadino” e poteva perciò partecipare al processo decisionale. Così pure nella città Medioevale vi era chi cercava di sottrarsi al potere dei signori feudali. Tuttavia il concetto di cittadinanza che si afferma in conseguenza delle rivoluzioni inglese, francese ed americana, è del tutto nuovo. Anticamente infatti si era cittadini perché si apparteneva ad una famiglia e nel Medioevo si poteva godere di tale condizione perché si apparteneva ad uno “stato” o una corporazione. Ora invece si è cittadini perché si appartiene al popolo il quale detiene la sovranità dello Stato, e questa diventa evidente laddove si adotta una forma di governo repubblicano. Anche il monarca non è più assoluto perché la sua influenza è regolata e mitigata da una costituzione. Accanto al potere del re agisce autonomamente anche il potere del parlamento.

Competenze di cittadinanza

La Costituzione della Repubblica Italiana Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

L’individualismo

La comparsa delle figure dell’imprenditore e del cittadino può essere considerata un segnale delle profonde trasformazioni che si misero globalmente in gioco in quel periodo, ma anche della nuova concezione che l’uomo aveva circa il suo posto nel mondo. Al vertice della scala dei valori infatti venne posto l’individuo con la sua libertà. Possiamo ritenere che le radici dell’individualismo possano già essere segnalate nell’antichità e presenti nel Rinascimento, ma è solo con il sorgere della società moderna che si iniziò a stimare la libertà di autorealizzazione dell’individuo come un valore dominante Anticamente il valore di un individuo rifletteva quello della famiglia, clan, tribù, stirpe, casa, casta, ma anche il gruppo etnico a cui apparteneva, la corporazione e il gruppo religioso. Tutte queste caratteristiche erano ascritte, vale a dire che venivano acquisite dalla persona al momento della nascita ed erano conservate per tutta la vita. La mobilità sociale era molto bassa per cui se ci aveva la ventura di nascere servo si manteneva questo status per tutta la vita. Poche possibilità erano lasciate all’individuo costretto a vivere in un’esistenza ordinata da parametri assai rigidi. Ora iniziano invece ad essere apprezzate in una persona non tanto quelle caratteristiche che lo rendono simile agli altri individui del suo gruppo, ma quelle che lo distinguono e che lo rendono unico ed irripetibile.

L’esperienza della memoria

Fino a qualche decennio fa in Italia si nasceva in una società che seguiva credenze, pratiche religiose e professava una morale di tipo cattolico. I vari momenti della vita erano scanditi da riti religiosi: la nascita, l’ingresso nella vita adulta, il matrimonio, la riconciliazione con la comunità, la morte erano momenti sacralizzati religiosamente. Si era cattolici perché si nasceva in un contesto cattolico: la religione era qualcosa che permeava profondamente la realtà sociale e il gruppo di appartenenza. In questo contesto non si pensava che un individuo fosse libero di scegliere. Pensate che anche in campo matrimoniale quasi sempre le unioni erano frutto di accordi tra famiglie. Tuttavia anche in campo religioso iniziò a prendere il sopravvento la religiosità individuale. Questo tipo di religiosità tendeva ad escludere il rapporto con la Chiesa e la comunità di appartenenza. Ogni individuo era considerato come idoneo a intrattenere un rapporto immediato con la divinità e competente a modulare il proprio modo di sentire, di vedere e di agire confrontando il suo comportamento con una Legge divina che si faceva direttamente presente alla coscienza di ciascuno.

L’individualismo moderno

L’individualismo moderno ha come fondamento l’idea che l’uomo al momento della nascita è titolare di diritti che non gli sono concessi da qualcuno e che non appartengono al gruppo in cui nasce o alla società, ma sono naturali perché appartengono a tutti gli uomini. Tuttavia gli uomini per poter vivere insieme limitano le proprie libertà in un contratto sociale e in questo modo creano la possibilità di dar vita allo Stato. Questi valori emersero tra il XVI e in XIX secolo in Occidente, ma si tratta di valori che sono stati spesso molto criticati. Una tesi molto criticata fu quella proposta da Adam Smith secondo il quale se ogni individuo fosse libero di perseguire i propri fini egoistici ciò alla fine andrebbe a beneficio di tutti perché si realizzerebbero le condizioni di un benessere generalizzato. La mano invisibile del mercato avrebbe trasformato «vizi privati in pubbliche virtù» (Bernard de Mandeville). Un tale modo di interpretare la società, i rapporti economici, e la realtà tuttavia portavano ad una disgregazione dei valori della comunità e si opponevano non solo alla Chiesa, ma anche allo Stato. Infatti accentuando questa mentalità individualista non vi è più modo non solo per ragionare sul bene della collettività, ma anche di mettere in atto tutti gli accorgimenti per poterla realizzare. Ciò che accadeva adottano i principi dell’individualismo era il sorgere di nuove disuguaglianze.

Il razionalismo

Altra parte essenziale della modernità è il razionalismo le cui radici anche in questo caso possono essere ritrovate in Occidente in epoche più antiche. Le componenti culturali a fondamento del razionalismo sono: • Le religioni monoteistiche di matrice ebraico-cristiana. Esse separano nettamente il mondo della religione da quello della magia. • La filosofia e la cultura giuridica greco-romana che pongono le basi per una comprensione dello Stato e della società come qualcosa di mondano. Se le radici sono antiche tuttavia è solo con il sorgere della società moderna che la ragione diventa valore dominante. L’uomo è da ora in poi concepito come capace di scoprire la verità e di trovare in se stesso il centro di orientamento per le sue azioni. Se prima la fede era considerata il criterio per poter aderire a una verità rivelata, ora è la ragione che è considerata il supporto di cui l’uomo si può servire per diventare non solo padrone del mondo, ma anche del proprio destino.

La rappresentazione del volto dell’uomo


Quando pensiamo al ritratto ci immaginiamo il lavoro di un pittore che ha ritratto una persona isolata e di cui si è sforzato di mettere in risalto i tratti somatici che la differenziano da un altro individuo e che lo rendono inconfondibile. Naturalmente accettiamo anche di sostenere che trattandosi di un’opera artistica e non di una maschera di cera in questa rappresentazione emergano non solo le fattezze della persona che il ritrattista sta copiando, ma anche la sensibilità stessa dell’artista. Tuttavia è bene fare chiarezza:

"Farai le figure in tale atto, il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell’animo; altrimenti la tua arte non sarà laudabile". (Leonardo da Vinci, Trattato sulla pittura n° 290, Parigi 1651. In: Biotipologia. L’analisi del tipo nella pratica medica, tecniche nuove, Milano 2006)

"Vorrei fare il ritratto di un amico artista........... Quest’uomo sarà biondo. Vorrei mettere nel quadro la mia stima, l’amore che ho per lui. Anzitutto lo dipingerò tale e quale con la maggiore fedeltà possibile. Ma il quadro non sarà finito così. Per finirlo divento adesso un colorista arbitrario. Esagero il biondo della capigliatura, arrivo ai toni aranciati, ai cromo, al giallo limone pallido. Dietro la sua testa, invece di dipingere il muro banale di un appartamento meschino, faccio un semplice fondo del blu più intenso che posso trovare e con questo semplice accorgimento la testa bionda rischiarata sul fondo blu raggiunge un effetto misterioso come una stella nel profondo azzurro. (…) Alle sue spalle, invece di dipingere la banale parete del misero appartamento, raffigurerò l'infinito, farò uno sfondo semplice del blu più ricco, più intenso che riuscirò ad ottenere e, grazie a questa semplice combinazione, la testa bionda che riluce su questo sfondo blu acceso, avrà un effetto misterioso come la stella nell'azzurro profondo (…)"Ebbene, grazie a lui, ho finalmente un primo schizzo di quel dipinto che ho lungamente sognato, il Poeta. Egli ha posato per me. Il suo viso affilato con gli occhi verdi spicca nel mio ritratto su un cielo stellato di un intenso blu oltremare. Ha indosso una giacca gialla, una camicia di tela, una cravatta variopinta". (da una lettera di Van Gogh al fratello Theo, Lettere a Theo, Le Fenici - Ugo Guanda Editore, 2013)