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La salute come salvezza

Molti movimenti nutrono grande interesse per la salute fisica, che vedono strettamente legata alla salute spirituale. Essa è ritenuta così importante perché letta come espressione totale della salvezza. La religione in questo contesto diventa una forma di terapia spirituale. La base da cui queste correnti partono sono le azioni di guarigione operate da Gesù, considerato un grande taumaturgo, e i principi del Buddha, per il quale solo la salute spirituale permetteva all’uomo il superamento del dolore.
Per il Buddha la salute e la salvezza sono in stretta relazione. Tuttavia è bene chiarire che la salute del corpo coincide con la salvezza, che non è qualcosa che possa essere raggiunto dopo la morte, ma che riguarda il qui ed ora.
Terapie molto conosciute e molto praticate dai consumatori hanno queste concezioni religiose di fondo: i massaggi terapeutici, lo shiatsu, la cromoterapia, l’aromaterapia, la talassoterapia, la fitoterapia, la musicoterapia. In qualche modo queste tecniche si rifanno allo Yoga, alla meditazione sui colori, sui chakra, sui mandala, sugli yantra. In realtà l’idea di fondo è che poiché tutto è spirituale, il male di fatto non esiste.

WIP 1 - Dossier

I nuovi movimenti religiosi

Chiesa di Scientology

È una Chiesa fondata nel 1954 da L. Ron Hubbard, inventore di una tecnica mentale che si vorrebbe terapeutica, la “dianetica”. Questo movimento pretende di migliorare le capacità mentali e psicologiche dell’uomo al fine di renderlo più padrone di se stesso e di fargli assumere per gradi un’autorità e un successo riconosciuto da chi non appartiene al gruppo.

Movimento Raëliano

È una religione che vuole essere atea e il cui fondatore, Claude Varilhon, pretende di essere stato personalmente contattato dagli extraterrestri con cui avrebbe vissuto per un certo periodo a bordo di un disco volante. Questa religione non accetta l’idea dell’esistenza di Dio: la vita proverrebbe dall’intervento degli alieni e tutto ciò che concerne l’uomo può essere spiegato scientificamente. Anche i miti religiosi possono trovare una corretta spiegazione nella tecnica e nella scienza che sono ancora assai limitate per gli uomini, ma immensamente avanzate nelle varie comunità aliene (FILM SG1). Questo gruppo è molto edonista.

Associazione internazionale per la coscienza di Krisnha

Swami Prabhupada ha fondato questo movimento nel 1966 importando in Occidente una sorta di pratica religiosa induista che di per sé non avrebbe ragione di essere praticata in Occidente poiché l’induismo è una religione etnica. Si può essere infatti induisti solo se si è anche indu. Krishna è adorato da coloro che scelgono questa via religiosa praticando il mantra “Hare Krishna” da cui prende il nome il movimento.

Soka Gakkai

È un’organizzazione laica giapponese che ha intenzione di seguire una scuola riformatrice ed esclusivista del Buddhismo che si rifà al Sutra del Loto. Questo movimento insegna che ogni uomo può raggiungere l’illuminazione interiore praticando il Buddhismo come viene insegnato da Nichiren Daishonin.

Chiesa dell’Unificazione

La Chiesa dell’unificazione è stata fondata dal predicatore coreano Sun Myung Moon nel 1950 e si è espansa prima in Giappone e poi negli USA tra il 1958 e il 1959. A questo movimento religioso viene rimproverato l’abbandono delle famiglie da parte dei giovani adepti. Nel 1984 Moon è incarcerato negli USA per evasione fiscale. Moon condensa nella sua dottrina nel Principio Divino elementi tradizionali provenienti da molte esperienze religiose. La sua vuole essere una rivelazione che ha il compito di chiarire la Bibbia. Dio avrebbe l’intenzione di offrire agli uomini la possibilità di creare un mondo ideale passando attraverso la formazione di famiglie ideali. Sino a Gesù questi successivi tentativi da parte di Dio sarebbero stati resi vani dall’intervento di Satana. Secondo Moon, Gesù non è Dio, ma ha con lui una particolare relazione. La mancanza di fede degli Ebrei ha reso vano il tentativo di Gesù di restaurare il mondo: ciò sarebbe invece possibile al “Signore del secondo avvento”, che i seguaci hanno identificato in Moon, che con Hak Ja Han, sua moglie, sono diventati i “veri genitori”. All’interno di questo gruppo Moon sceglie i partner ritenuti giusti per formare un matrimonio ideale e una famiglia ideale anche tra persone che non si sono mai conosciute.

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Imagine di John Lennon

Imagine there’s no heaven
It’s easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today

Imagine there’s no countries
It isn’t hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace

You may say I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will be as one

I wonder if you can
No need for greed or hunger
A brotherhood of man
Imagine all the people
Sharing all the world
You may say I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will live as one

La questione del fondamentalismo islamico

La questione del fondamentalismo islamico è diventata di interesse generale dopo i tragici avvenimenti dell’11 settembre 2001. Mi limito in questa sede a enunciare quattro tesi.
In primo luogo, non tutti i Musulmani sono fondamentalisti. Questa tesi sembra ovvia: la ripetono tutti, dal presidente Bush, al mio barbiere. Di per sé la tesi non è falsa, ma richiede due precisazioni. La prima riguarda la definizione del fondamentalismo islamico. Come è noto, la categoria di "fondamentalismo" nasce con riferimento al mondo protestante cristiano e solo per analogia è in seguito estesa ad altri ambiti. Prendiamo alcune definizioni del "fondamentalismo" in genere, che vanno per la maggiore; per esempio: "il fondamentalismo crede che una Scrittura sacra sia infallibile e non abbia bisogno di interpretazioni"; oppure: "il fondamentalismo nega che sia possibile una chiara distinzione fra sfera politica e sfera religiosa". Se adottiamo queste definizioni, dobbiamo concludere che tutti i Musulmani sono fondamentalisti. Possiamo invece dare una definizione abbastanza precisa di fondamentalismo islamico, se ci riferiamo a uno specifico movimento che articola progressivamente tre tesi. Si tratta: dell’applicazione della legge islamica (shari’a) in ogni comunità islamica; dell’unificazione dei Paesi a maggioranza islamica in un’unica realtà politico-religiosa nuovamente guidata da un califfo; e della ripresa da parte del califfato restaurato del sogno originario di un’islamizzazione del mondo intero. Gli osservatori esterni aggiungono spesso una quarta caratteristica: il fondamentalismo è un movimento di carattere populista, che diffida delle autorità costituite nei Paesi islamici (colpevoli di non applicare integralmente la shari’a), teorizza la possibilità di rovesciarle con la forza, e non ha simpatia neppure per gli ulema e gli altri "professionisti del sacro" che considera infeudati all’autorità costituita. La seconda precisazione riguarda l’identificazione di chi, nel mondo islamico, non è fondamentalista. In Occidente si parla volentieri di "moderati". Qui si può dire che quattro correnti sono diverse dal fondamentalismo e talora sue avversarie: i nazionalisti, i conservatori, i modernisti, e alcune delle espressioni politiche del complesso mondo del sufismo, talora definito "mistica islamica".
Seconda tesi: non tutti i fondamentalisti sono terroristi.
Terza tesi: i fondamentalisti sono Musulmani. Per ragioni politicamente comprensibili dopo l’11 settembre 2001 si sente enunciare la tesi, assolutamente falsa, secondo cui i fondamentalisti non sono Musulmani, ovvero sono Musulmani "di frangia”.
Quarta tesi: se è vero che non tutti i fondamentalisti sono terroristi, è però anche vero che questi terroristi sono fondamentalisti. A prescindere dal quesito se sia davvero possibile distinguere fra religione e politica nell’Islam in generale e nel fondamentalismo in particolare, le motivazioni per il jihad sono anzitutto religiose.
(Massimo Introvigne, Riflessioni dopo l’11 settembre 2001, Intervento al convegno "La sfida dei fondamentalismi", Torino, 3 dicembre 2001, www.cesnur.org)

Hìzr, una fiaba turca

C’era una volta un re. Un giorno quel re sguinzagliò i banditori per le strade: «Chi troverà e mi porterà Hìzr, riceverà da me ciò che desidera» fece annunciare. E chi potrà mai trovare Hìzr?! Il favoloso Hìzr scende sulla terra alla festa di Primavera, in maggio, e appare agli occhi degli uomini buoni, ma buoni davvero. Chi incontra Hìzr, può chiedergli ciò che desidera con ardore, e Hìzr glielo concede. Ma com’è possibile trovare Hìzr solo perché lo ha ordinato il re?
Ebbene, in quella città viveva un uomo molto povero, con molti figli. Facevano una vita grama, e spesso la sera andavano a letto affamati. Dopo aver sentito l’annuncio dei banditori, l’uomo disse alla moglie: «Noi moriremo di fame in ogni modo… è meglio che io vada dal re a dirgli che troverò e gli porterò Hìzr. Gli chiederò di accordarmi un periodo di quaranta giorni, e tanti soldi quanto bastano per mantenere voi per tutta la vita. Non m’importa se dopo quaranta giorni il re mi farà impiccare o tagliare la testa. Almeno, avrò liberato te e i bambini dalla miseria».
La donna voleva molto bene al marito, e fece di tutto per distoglierlo da quell’idea, ma inutilmente. Quel poveretto si presentò dunque al re e gli disse: «Mio signore! Io troverò Hìzr e te lo porterò. Voglio però che mi sia concesso un periodo di quaranta giorni, e il denaro sufficiente a salvare i miei figli dalla fame». Il re diede ordine ai suoi servi, e il nostro uomo, con i soldi presi dal re, portò a casa il cibo per quaranta giorni. E per quaranta giorni i suoi figli mangiarono e bevvero a sazietà.
Il quarantesimo giorno il re convocò l’uomo: «Allora, hai trovato Hìzr ?» gli domandò.
«No. Non l’ho trovato» confessò il poveretto. «Anzi, ti dirò che non ho nessuna intenzione di trovarlo. Ti ho raccontato una bugia solo per salvare dalla fame i miei figli».
Il re s’infuriò ma volle decidere insieme ai suoi ministri quale punizione infliggere all’uomo. Chiese dunque a primo dei ministri: «Quale pena proponi per costui che ha ingannato il uso re?».
E il primo ministro: «Dev’essere tagliato in quaranta pezzi, ed ogni pezzo andrà appeso ad un gancio da macellaio». Proprio in quel momento apparve un bambino, che esclamò: «Ognuno secondo il proprio mestiere…». Il re non capì che cosa intendesse dire, e chiese al secondo ministro: «Quale pena suggerisci per quest’uomo, che ha ingannato il suo re?». E il secondo ministro: «Dev’essere spellato vivo, e la sua pelle dev’essere imbottita di paglia!». «Ognuno secondo il proprio mestiere…» commentò ancora il bambino che era apparso poco prima. Chiese il re al terzo ministro: «Quale pena consigli per chi ha ingannato il suo re?». Così rispose il terzo ministro: «Mio signore, è la fame che ha spinto quest’uomo a mentirvi. Se in voi c’è un minimo di giustizia, un pochino di pietà, perdonatelo!». E quel bambino di nuovo: «Ognuno secondo il proprio mestiere…» osservò. «Ma tu chi sei? Da dove sei sbucato? Perché continui a ripetere: “Ognuno secondo il proprio mestiere”? Cosa intendi dire con questo?» gli domandò il re. E il bambino gli rispose: «Intendo dire questo: il tuo primo ministro, prima di essere tale, faceva il macellaio, e ha chiesto una pena da macellaio. Il tuo secondo ministro prima cuciva imbottite, e ha chiesto una pena da trapuntaio. Il tuo terzo ministro è stato bracciante, sa che cosa sono gli stenti della fame, e ti ha chiesto di perdonare quest’uomo che ti ha mentito costretto dalla povertà. Quanto a me, io sono Hìzr. Mi manifesto agli uomini buoni: sono venuto qui non per apparire a te e ai tuoi servitori, ma per quest’uomo e per il tuo terzo ministro. Lascia subito libero quel poveretto! Come vedi, ha mantenuto la promessa: mi ha portato da te…».
Il re e i suoi due ministri restarono stupefatti, e Hìzr, sapendo già che non avrebbero fatto niente di male al poveretto e al terzo ministro, uscì tranquillo da palazzo.
(Nazim Hikmet, Il nuvolo innamorato e altre fiabe, Milano 2000)

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Essere dalits cristiani

In India, dei circa 30 milioni di cristiani si stima che quasi il 70 per cento siano dalit (i cristiani rappresentano appena il 2,3 per cento dell'intera popolazione indiana che supera il miliardo di persone).
Innumerevoli sono le aggressioni nei confronti dei dalits, ma nonostante la legge indiana punisca i razzisti, raramente si registrano condanne. I fuori casta sono oggetto di pesanti umiliazioni anche dal punto di vista religioso: per esempio, l'accesso ai templi viene spesso negato e le persone vengono allontanate se scoperte a mendicare all'esterno degli edifici di culto. I fuori casta, inoltre, sono esclusi dal mercato del lavoro e dalle attività sociali. Quando poi è concesso loro di lavorare, vengono costretti a condizioni di semischiavitù. Forme di esclusione si registrano anche in campo educativo: il 66 per cento dei dalit sono analfabeti.
In India la violazione del diritto alla vita e alla dignità di ogni persona assume dimensioni barbariche all'interno del sistema delle caste. Mentre la violazione dei diritti umani in molti altri Paesi ha una dimensione individuale, nell'India - specifica - governata dai gruppi delle caste dominanti, è invece un intero popolo a cui vengono negati tali diritti". I cristiani dalit, in particolare, sono oppressi anche a causa della loro fede. I leader indù delle caste dominanti, spesso iscritti a movimenti nazionalisti, come per esempio il Bharatiya Janata Party, nutrono nei loro confronti una forte avversione. Già discriminati in quanto appartenenti a una minoranza religiosa, i dalit cristiani sono ancor più penalizzati rispetto ai fuori casta affiliati ad altre religioni. Il Governo indiano, infatti, esclude i cristiani dalit dalle politiche sociali a favore dei fuori casta indù, sikh o buddisti, in virtù della loro conversione. I dalit non cristiani, in pratica, usufruiscono della quota di posti di lavoro riservata per legge ai gruppi sociali discriminati, mentre i cristiani non ne hanno diritto.
(Alessandro Trentin, «Il dramma dei fuori-casta in India», da L'Osservatore Romano)

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Tensioni sociali e fondamentalismo nella modernizzazione

Gli Stati nazionali che si formarono in India e in Pakistan nel 1947 hanno come fondamento il contrasto religioso. All’atto dell’indipendenza si verificò un’enorme migrazione che portò i musulmani in Pakistan e gli indu in India. Gli scontri furono alquanto sanguinosi e quelle violenze non fecero che alimentare una lunga scia di rancori. In India tuttavia venne alimentato un clima per niente favorevole ad una riappacificazione interna, ma che fomentava ancora di più le divisioni. Chi pensava di rimanere fedele al concetto etnico di indu giunse all’omicidio del Mahatma Gandhi. Per scongiurare ulteriori lotte e per tutelare il 16% della popolazione che era ancora musulmana si organizzò uno stato federale con base linguistica, ma ciò non fece altro che spalleggiare le tensioni autonomiste. Nehru era alla guida di un governo che adottò una linea laica e ciò fece sì che le ali più estreme del fondamentalismo religioso non vedessero accontentate le loro rivendicazioni. L’India poté accedere a un ampio sviluppo, ma a costo di una modernizzazione forzata alla cui guida signoreggiavano gruppi anglofoni appartenenti alla casta dei brahmani.

Minoranze perseguitate

Nella più grande democrazia del mondo i cui abitanti oltrepassano abbondantemente il miliardo e duecento milioni di persone si registrano molto spesso atti di persecuzione nei confronti di tutte le religioni diverse dall’induismo. Il problema secondo molti studiosi sta nel sistema delle caste (anche se la Costituzione indiana le ha abolite), un sistema di potere collaudato da millenni, che i pochi ricchi al governo non possono permettersi di scardinare senza dover mettere in discussione i loro privilegi. Il problema vero e proprio è dato dalla conversione dei dalit o "adivasi" che sono tenuti nella triste condizione di schiavi sottopagati. Se infatti un dalit si converte al Cristianesimo o all’Islam, vale a dire entra in una religione dove non esiste la suddivisione in caste, ciò non può essere tollerato dai fondamentalisti indu. Un dalit cristiano o musulmano si inserisce in un gruppo dove le barriere di casta sono così labili dall’essere quasi ignorate. Mentre i musulmani in India sono circa il 10 % della popolazione (120 milioni di persone) e il Presidente della Repubblica Indiana è un musulmano, la comunità cristiana è un’esigua minoranza (3% della popolazione). In questo caso però i cristiani non hanno nessun leader di riferimento. Dunque la comunità cristiana è più esposta di quella di fede islamica.

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Cristiani perseguitati in India

L’induismo è fondato su due basi, una religiosa, l’altra culturale-sociale:
a) La legge del “karma” e la reincarnazione delle anime. Ogni uomo è libero di fare il bene o il male e quando muore sarà ricompensato o punito secondo il suo “karma”, cioè le azioni compiute nella vita precedente. Chi ha fatto il bene rinascerà in una casta superiore, fino ad essere un bramino e poi non rinasce più, quando muore si ricongiunge con Dio (Brahman); chi invece muore con un karma negativo rinasce in una casta inferiore e in un animale, magari un cane o una scimmia. Se uno è un bramino e gode di tutti i privilegi, è giusto che sia così, perché nella sua vita anteriore aveva un karma positivo; se invece è un paria, è meglio per lui restare paria, schiavo, perché nella vita seguente avrà un karma positivo. L’uguaglianza di tutti gli uomini è assurda.
b) Su questa base filosofico-religiosa, si fonda la rigida divisione della società indiana in caste. In passato, ogni casta aveva i suoi compiti, i suoi lavori, nobili o meno nobili, impossibile il passaggio da una casta all’altra. Questo ha creato nei secoli una società gerarchicamente ordinata, stabile, con precisi diritti e doveri per ciascuno, solidarietà profonda fra i membri della stessa casta (“uno per tutti e tutti per uno”); e ha impedito l’arrivismo sociale, lo schiavismo, il formarsi di famiglie ricchissime e altre poverissime nella stessa casta. Soprattutto, le caste hanno prodotto la pace all’interno della società. Infatti l’India non mai avuto guerre civili o rivoluzioni e nemmeno ipotesi di una “lotta di classe”. Il sistema delle caste spiega in gran parte la stabilità e la continuità della civiltà indiana. Però anche la sua immobilità nei millenni.

Perché la persecuzione anti-cristiana in India?

L’indiano padre Anthony Thota del Pime mi dice:
Il primo motivo è di natura sociale, il cristianesimo distrugge le caste e noi cristiani lavoriamo per migliorare le condizioni di vita dei dalit, gli intoccabili, i paria. Le scuole cattoliche educano i loro bambini, costruiamo ospedali, orfanotrofi, opere sociali, cooperative, tentiamo di dare ai poveri una coscienza della loro dignità e dei loro diritti e li aiutiamo a crearsi una vita migliore. Il sistema di vita indù si basa sull’immobilità delle caste e sul fatto che i dalit restino ignoranti, manodopera a buon mercato per i lavori pesanti. Noi cristiani indiani siamo pochi e apparteniamo alle basse caste o ai paria, la discriminazione nei nostri confronti è doppia: siamo intoccabili e siamo cristiani”. L’opera sociale dei missionari si è sempre rivolta alla promozione delle classi più povere e marginali. Fra i “fuori casta” (o dalit, o paria, oggi sono circa 150 milioni) e i tribali (altri 80 milioni) le missioni hanno svolto un ruolo grandioso riconosciuto anche dai governi indiani: hanno dato ai poveri una coscienza della loro dignità e dei loro diritti. Chiunque visita le regioni abitate da paria o da tribali, a distanza di 20-30 e più anni, può testimoniare la profonda rivoluzione sociale realizzata senza alcuna violenza, ma solo con l’educazione delle persone. Da quasi mezzo secolo visito l’India e l’Andhra Pradesh dove lavorano i missionari italiani del Pime (dal 1855) e ogni volta mi meraviglio dei passi giganteschi compiuti dai paria. Nel 1964 un confratello mi ha portato nel villaggio paria di Beddipally nello stato di Andhra Pradesh, dove abbiamo amministrato 62 battesimi di convertiti, povera gente, veramente miserabili come livello di vita eppure pieni di gioia nel diventare cristiani. Una festa per me indimenticabile. Due giorni nel villaggio dormendo per terra nella cappella di fango e paglia e sono venuto a sapere che quel villaggio di paria faceva parte del villaggio di casta, che stavano al di là di una divisione fatta di fitti rami spinosi. Lo stesso villaggio diviso in due, ma la gente di casta, pur essendo anch’essa molto povera, aveva scuola, mercato, tempio, pozzo pubblico per l’acqua. I paria non avevano nulla, vivevano nel fango e nella miseria più assoluta, una lunga strada per andare a prendere acqua, i bambini non andavano a scuola, ecc. Ho chiesto al mio confratello: “Perché questi paria non protestano per ottenere il diritto almeno di avere l’acqua e la scuola?”. Il missionario mi dice: “Questi sono nati paria e morranno paria, questa è la loro sorte e non capiscono nemmeno che potrebbero avere molto di più. Il Vangelo aprirà le loro menti e darà loro la coscienza di essere uomini come gli altri”. Allora ho capito che il Vangelo cambia la società non con la violenza o la rivoluzione violenta, ma educando le persone e dando ai poveri la coscienza della loro dignità e dei loro diritti e aiutandoli ad elevarsi. Nel 2005 ho ancora visitato l’Andhra Pradesh, padre Augusto Colombo ha fondato due università per i paria (ingegneria e medicina), perché i paria fanno ancora difficoltà a trovare un posto nelle università statali. E’ facile capire gli interessi che stanno dietro a chi non vuole questa promozione dei fuori casta!
Il secondo motivo che spiega le persecuzioni ai cristiani è culturale-politico. Alla radice degli eccessi del nazionalismo indiano c’è il problema che agita e disturba tutti i paesi colonizzati e influenzati profondamente dall’Occidente cristiano: la ricerca dell’identità nazionale. La cultura e i modi di vita moderni, importati dall’Occidente e ispirati dal cristianesimo, contrastano con le loro religioni, culture, tradizioni, mentalità e rischiano di distruggerle. Dall’anno dell’indipendenza nel 1947, la vita politica in India è stata dominata dal Partito del Congresso di Gandhi e di Nehru, partito laico filo-occidentale, ma con grande rispetto e considerazione per la religione nazionale. Ma negli ultimi tempi sono nati i partiti in difesa dell’induismo, con questo programma: “Il vero indiano e l’indù, gli altri sono tollerati se non fanno proselitismo, se non rovinano la cultura e l’identità nazionale”. I cristiani sono tollerati, ma se uno si converte al cristianesimo subito si grida al “proselitismo”. Gandhi sognava una società indiana moderna ma religiosamente ispirata e rispettosa dei diritti dell’uomo, definiva i paria “harijans”, cioè figli di Dio, e avrebbe voluto uno sviluppo economico che mantenesse la semplicità della vita rurale e di villaggio con la religiosità tradizionale dell’induismo. Però oggi, soprattutto nelle città, le caste a poco a poco vanno scomparendo almeno nella vita quotidiana e con le caste tutto un complesso di riti, purificazioni, comportamenti sociali che caratterizzano l’India. La Costituzione dichiara l’abolizione delle caste, che sopravvivono nella vita del popolo. Ecco perché associazioni religiose e partiti politici si propongono di riportare l’India all’Induismo, indicando nelle minoranze religiose, cristiani e musulmani, i principali responsabili della deriva laicista della società indiana. Ne è nata l’ideologia “hindutva”, cioè il nazionalismo religioso indiano, cioè indù.
Si possono citare diversi movimenti e partiti. Il primo è il RSS (Rashtriya Swayamsevak Sangh, Associazione volontari per il servizio della nazione) che vuole “consolidare l’unità indù contro il proselitismo musulmano e cristiano”, radicato in ogni settore della vita indiana. Poi vengono altri movimenti indù politicizzati, il “Jana Sangh” nato nel 1966 che ha numerosi rappresentanti ìn Parlamento: il “Viswa Hindu Parishad” (Movimento mondiale per l’induismo), che vuole unificare le varie sette dell’induismo e combattere il “proselitismo” dei cristiani. Infine bisogna citare il “Baratiya Janata Party”, il capofila dei partiti indù. Fondato nel 1980 da Artal Bihari Vajpayee, che poi è stato primo ministro dell’India, si propone di difendere l’identità nazionale dell’India valorizzando l’induismo come fondamento dell’identità indiana e combattendo i missionari cristiani e musulmani.
(Piero Gheddo, «Cristiani perseguitati in India», http://www.libertaepersona.org/wordpress/2010/08/cristiani-perseguitati-in-india-1953/)