La teologia delle religioni

Cristo è l’unico salvatore

Risalendo alle origini della chiesa, troviamo chiaramente affermato che Cristo è l’unico salvatore (Giovanni 14,6) di tutti colui che solo è in grado di rivelare Dio e di condurre a Dio. Alle autorità religiose giudaiche che interrogano gli apostoli in merito alla guarigione dello storpio, da lui operata, Pietro risponde: «Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo... in nessun altro c’è salvezza: non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati» (Atti degli apostoli 4,10.12). Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptoris missio (1990), n. 5

Specificità e rispetto

All’interno delle religioni può essere presente l’ideale del rispetto delle diversità e specificità, ma spesso si vorrebbe giungere con la forza a imporre il proprio credo a tutti gli uomini. Non è detto che siano solo le fedi monoteiste a essere le più esclusive. Esse infatti contengono elementi che permettono loro di aprirsi all’insieme di tutti gli uomini. È il messaggio di pace del profeta Isaia che riceve da Dio il compito di annunciare la venuta di un mondo perfettamente riconciliato. In quest’epoca di pace Israele finalmente, sarà riunito a tutti i popoli della Terra che si recheranno in pellegrinaggio a Gerusalemme. Esempio di accettazione delle diversità è il Dio Trinità dei Cristiani. Uno in tre Persone, il Dio Trinitario è il modello stesso della relazione e del dialogo tra diversi.

Una sola umanità, diverse culture

Appartiene al tuo bagaglio personale uscire di casa e incontrare nell’ambiente di studio, per strada, strada, in palestra, in biblioteca, nei luoghi di svago ragazzi della tua età o adulti che provengono dalle più diverse aree del pianeta e che seguono le più disparate tradizioni religiose. Può essere che il tuo vicino di banco sia musulmano o hindu o confuciano. Può essere che la persona che ami segua una religione diversa dalla tua o che tu stesso non sia cristiano perché non credente o perché segui un altro credo. La globalizzazione ha fatto sì che le diverse culture, vivendo gomito a gomito possano confrontare tra loro le differenti visioni del mondo e anche le verità insegnate. Inoltre gli uomini stanno prendendo coscienza della loro fondamentale uguaglianza. Elemento di consapevolezza è an- che la grave minaccia alla pace che proviene dagli stereotipi razzisti volti a creare fratture e a negare questa uguaglianza di base. L’interrogativo circa la verità, l’unicità e la necessità della fede cristiana e dell’adesione alla Chiesa cattolica si presenta alla mente di molte persone. Diventa perciò necessario riuscire a interpretare questa realtà affinché possa essere compresa.

La missione della Chiesa

Dal Nuovo Testamento sappiamo che la volontà di Dio è da sempre quella di far sì che tutti gli uomini si salvino (cf. Prima lettera a Timoteo 2,3-4) e il concilio Vaticano II nella Gaudium et spes 22 ci ricorda che la salvezza non è limitata ai cristiani, ma è voluta e rivolta a tutti gli uomini di buona volontà ed è meritata agli uomini dal mistero pasquale di Gesù Cristo. In tutti gli uomini, anche se in modo invisibile, e secondo modalità note solo a Dio, lavora la grazia. Tuttavia, anche se la grazia di Dio raggiunge ogni uomo, i cristiani devono fare tutto quanto è possibile per far conoscere il messaggio del Vangelo a tutti gli uomini: è l’opera missionaria della Chiesa (cf. Ad gentes n. 7).

Cristo unico mediatore

Secondo i cristiani, l’unico mediatore della salvezza è Gesù Cristo. La salvezza comunicata da questa mediazione non può essere sostituita con quella di altre figure di personaggi per quanto umanamente importanti: «Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti» (Prima lettera a Timoteo 2,5-6). Importante è anche quanto detto nel Vangelo di Giovanni «Io sono la via, la verità e la vita...» (Giovanni 14,5ss). Gesù non è presentato dalla Chiesa cattolica solo come un uomo buono, credibile, moralmente integro che è stato capace di rimanere fedele a se stesso e al Padre, che è morto in croce per gli uomini. La superiorità di Gesù non dipende soltanto dalla grandezza e perfezione della sua umanità, ma dal fatto di essere Dio.

La necessità della fede e della Chiesa

Come possiamo leggere nei documenti del concilio Vaticano II (cf. Lumen gentium n. 1; Ad gentes nn. 7, 14, 15, 16) la Chiesa è il segno e lo strumento che gli uomini hanno per poter entrare in relazione con Dio. È infatti attraverso la Chiesa che gli uomini vengono a conoscere il Vangelo e hanno la possibilità di aderirvi e di ricevere il Battesimo. Secondo la Chiesa cattolica, per essere salvi vi è la necessità della fede e dell’opera della Chiesa. Tutti gli uomini hanno la possibilità di raggiungere la salvezza secondo vie che Dio conosce, tuttavia quella del Battesimo e dell’entrata all’interno della Chiesa è la via prevista come privilegiata. Se infatti la Chiesa ricorda che vi è la necessità del Battesimo, dall’altra si afferma con forza che nessun uomo è abbandonato da Cristo. Ogni uomo è libero davanti a Dio. Se perciò qualcuno sa che è necessaria la fede ed è indispensabile appartenere alla Chiesa per salvarsi e rifiuta tale possibilità, di fatto respinge l’opportunità di salvezza che Dio ha dato agli uomini. Al contrario gli uomini che non hanno potuto aderire al Vangelo e non sono entrati nella Chiesa senza loro responsabilità, questi devono potersi salvare.

Il Concilio Vaticano II

I cristiani credono che Dio abbia una generosità illimitata e in- condizionata, e abbia come unico desiderio quello di salvare tutti, non trascurando nessuno, né facendo «preferenza di per- sone» (Atti degli apostoli 10,34-35; cf. Lettera ai Romani 2,11; Lettera agli Efesini 6,9, Prima lettera di Pietro 1,17). È il documento conciliare Nostra aetate che esamina il problema e lo ancora all’idea di fondo dell’unità del genere umano. Tuttavia all’interno dell’umanità vi sono molte religioni. Riguardo all’induismo, il documento dice: «Nell’induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la fecondità inesauribile dei miti e con gli sforzi penetranti della filosofia; cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione, sia con le forme della vita ascetica, sia con la meditazione profonda, sia con il rifugiarsi in Dio, con amore e confidenza» (Nostra aetate, 2). Sull’Islam il documento afferma: «La Chiesa guarda anche con stima i musulmani, che adorano il Dio unico, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, Creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini» (Nostra aetate, 3).

La ricerca di Dio

[L’annuncio] si rivolge anche a immense porzioni di umanità che praticano religioni non cristiane, che la Chiesa rispetta e stima perché sono l’espressione viva dell’anima di vasti gruppi umani. Esse portano in sé l’eco di milenni di ricerca di Dio, ricerca incompleta, ma realizzata spesso con sincerità e rettitudine di cuore. Posseggono un patrimonio impressionante di testi profondamente religiosi. Hanno insegnato a generazioni di persone a pregare. Sono tutte cosparse di innumerevoli «germi del Verbo» e possono costituire una autentica «preparazione evangelica» per riprendere una felice espressione del concilio Vaticano II tratta da Eusebio di Cesarea. Tale situazione suscita, certamente, questioni complesse e delicate, che conviene studiare alla luce della Tradizione cristiana e del Magistero della Chiesa per offrire ai missionari di oggi e di domani nuovi orizzonti nei loro contatti con le religioni non cristiane. Vogliamo rilevare, soprattutto oggi, che né il rispetto e la stima verso queste religioni, né la complessità dei problemi sollevati sono per la Chiesa un invito a tacere l’annuncio di Cristo di fronte ai non cristiani. Al contrario, essa pensa che queste moltitudini hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo, nella quale noi crediamo che tutta l’umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio, sull’uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità. Anche di fronte alle espressioni religiose naturali più degne di stima, la Chiesa si basa dunque sul fatto che la religione di Gesù, che essa annunzia mediante l’evangelizzazione, mette oggettivamente l’uomo in rapporto con il piano di Dio, con la sua presenza vivente, con la sua azione; essa fa così incontrare il mistero della Paternità divina che si china sull’umanità; in altri termini, la nostra religione instaura effettivamente con Dio un rapporto autentico e vivente, che le altre religioni non riescono a stabilire, sebbene esse tengano, per così dire, le loro braccia tese verso il cielo». Paolo VI, Esortazione apostolica Evangeli nuntiandi, 53 (1970)