A che proposito parliamo di fondamentalismo?

Origini e caratteristiche

Il fondamentalismo, sorto in campo protestante alla fine dell’Ottocento, può essere considerato una reazione alla teologia liberale e modernista e ai suoi contenuti. In quel periodo gli studiosi del testo biblico usarono metodi tecnici e scientifici che li portarono a formulare interpretazioni che furono fonte di sconcerto per i teologi conservatori. Questi a loro volta nella Conferenza di Niagara del 1889 stilarono un elenco di cinque punti vincolanti per chiunque intendesse studiare in modo rispettoso la Parola di Dio:

  1. il testo biblico non può errare;
  2. è innegabile la divinità di Cristo;
  3. Gesù è nato da una vergine;
  4. la redenzione è universale;
  5. Gesù è risorto.
L’atteggiamento fondamentalista in campo religioso si è poi esteso anche in altri contesti (Islam, Ebraismo, Cristianesimo, Induismo).
Le caratteristiche generali del fondamentalismo sono:
• essere convinti dell’esistenza di un Libro sacro che contenga tutte le verità utili a regolare i rapporti tra gli uomini e tra gli uomini e Dio;
• data questa premessa, le indicazioni contenute nel Libro sacro devono orientare la legge civile;
• in questo modo ciò che è religioso diventa anche politico e qualche volta anche viceversa;
• i capi religiosi e politici traggono la loro autorità dal forte senso di appartenenza al gruppo, soprattutto quando si può temere la minaccia di un nemico.

Il fondamentalismo religioso

Molto di ciò che crede un fondamentalista dipende dal fatto che egli pensa alla Sacra Scrittura come a un testo che non può essere manipolato dall’uomo. Quindi:

  1. il libro sacro è ritenuto assolutamente infallibile;
  2. poiché il testo scritto è sacro, non si possono eliminare parti o introdurne di nuove;
  3. la sacralità di ciò che c’è scritto esclude a priori che ciò che in esso è contenuto possa essere in qualche modo interpretato. Esso deve essere applicato;
  4. ciò che è scritto è valido per tutte le culture in qualsiasi momento della storia;
  5. nello scritto è contenuta quella verità che deve essere creduta e vissuta ma non può essere per nessuna ragione contestualizzata storicamente o, peggio ancora, adattata col mutare delle circostanze culturali e religiose, che sono ritenute manifestazioni concrete del male;
  6. la Legge divina contenuta nella Scrittura è superiore per definizione a quella umana, che deve essere considerata solo un adattamento;
  7. la Legge divina propone e indica all’uomo il modello integrale di società perfetta di cui l’uomo ha bisogno per potersi realizzare.
Il fondamentalismo può sembrare una risposta a una grave situazione di disgregazione sociale o nei casi di impoverimento culturale.

Il fondamentalismo nell’Islam

Il FONDAMENTALISMO ISLAMICO compare alla fine del colonialismo come reazione nei confronti di uno Stato e una società ritenuti troppo moderni. Questi movimenti sociali si manifestarono in ambienti urbani: ad essi aderirono individui per lo più scolarizzati, delusi dalla mancata realizzazione delle promesse dei decenni precedenti e alla ricerca dell’autonomia culturale, economica e politica di popoli di tradizione religiosa musulmana. Tutti i diversi movimenti vogliono giungere a un punto di equilibrio fra la tradizione musulmana e la modernità.
Poiché in Occidente si ritiene spesso che i Paesi di tradizione musulmana siano arretrati dal punto di vista economico, scientifico e tecnologico, questi movimenti intendono affermare che nella cultura musulmana vi è una abbondante presenza di intellettuali, che i sistemi socio-politici sono non solo alla pari di quelli occidentali, ma migliori e che nei Paesi di tradizione musulmana si nutrono migliori ideali di giustizia sociale considerati validi per l’uomo moderno.
Il musulmano «conservatore» ritiene che è all’interno e non all’esterno dell’Islam che si devono ricercare le indicazioni necessarie per organizzare le società e gli Stati. I fondamenti di questa realtà socio-politica devono essere ritrovati nel Corano in quanto libro rivelato e sacro, e non all’interno degli ideali della cultura occidentale.
Tre grandi problemi differenziano i primi movimenti riformisti islamici da quelli attuali:
• gli Stati-Nazione che si sono instaurati dopo la colonizzazione incarnavano l’ideologia nazionalista e quella socialista. Entrambe sono andate in crisi;
• si sono verificati processi di modernizzazione come lo spostamento delle nuove generazioni dalle campagne alle città. In questo modo le basi delle società sono andate in crisi: il ruolo delle donne si è modificato e i giovani hanno mostrato di ricercare quell’emancipazione anche economica che le società non sono state in grado di fornire. In questo modo, in mancanza dell’adeguata mobilità sociale si sono verificate grandi contraddizioni tra generazioni;
• chi ha frequentato l’Università ha pensato che le modificazioni tecniche, politiche e sociali alla lunga fossero in grado di trasformare profondamente l’attaccamento all’identità musulmana. Questa convinzione ha indotto gli aderenti a ritenere che l’unica via d’uscita fosse la re-islamizzazione della società a partire dalla predicazione nelle moschee, che doveva essere in grado di contrastare validamente i messaggi provenienti dalla modernità e dai mass-media.

Il fondamentalismo nel Cristianesimo

Il fondamentalismo sorto all’interno del mondo protestante ha continuato a essere ben presente nei gruppi conservatori. Partendo dalla convinzione che ciò che c’è scritto nella Bibbia non può errare e deve essere preso alla lettera, questi gruppi fondamentalisti combattono oggi le teorie evoluzioniste di Darwin e vorrebbero che non fossero insegnate nelle scuole. Essi inoltre sono molto attivi nelle campagne sui temi bioetici, ricorrendo a volte anche ad azioni violente: oltre alla lotta all’aborto, baluardo di questi gruppi è la difesa di una concezione di famiglia secondo una visione strettamente patriarcale, all’interno della quale la donna non deve ricoprire altri ruoli se non quelli legati esclusivamente al suo essere moglie e madre.
È soprattutto attraverso la predicazione televisiva e i social media che i pastori (detti telepredicatori) fanno conoscere il loro messaggio al grande pubblico. Si tratta delle Chiese mediatiche. Così il messaggio religioso riesce a «bucare» l’audience allo scopo di creare una rete invisibile di fedeli che possono essere velocemente contattati per essere impegnati in una battaglia politica o culturale. Il teleutente diventa oggetto di effetti speciali al fine di colpire la sua emotività. Spesso il pastore ricorre al miracolo trasmesso in diretta, molte sono le testimonianze di raggiungimento del benessere economico dopo una conversione a quella Chiesa. Il pastore assume spesso un comportamento simile a quello di uno show-man o di un presentatore televisivo: si rivolge direttamente alle persone che stanno al di là dello schermo tanto che la distanza sembra annullarsi. I contenuti trasmessi si riducono a poche certezze ripetute con la tecnica dello spot pubblicitario. Quasi tutti i gruppi fondamentalisti sono anche collegati politicamente all’area conservatrice della politica e stanno conoscendo un successo senza precedenti in America Latina, Africa e Asia.
Nel Cattolicesimo l’ideale fondamentalista incontra qualche problema a incarnarsi teoreticamente poiché nella fede cattolica il primato non è affidato a un libro sacro, anche se ritenuto rivelato, ma questo deve essere letto e interpretato all’interno della Tradizione. Rivelazione biblica e Tradizione sono considerate come due elementi di un’unica sorgente. La Bibbia deve essere letta all’interno della Tradizione, ma non può essere attuata alla lettera. I fenomeni che si sono verificati in campo cattolico sono piuttosto l’integralismo, il tradizionalismo e il conservatorismo.

Il fondamentalismo nell’Ebraismo

Il pensiero fondamentalista ebraico prende le mosse da due riflessioni:
• il ricordo del dolore delle perdite di vite umane verificatosi con la Shoah (Olocausto);
• la pretesa di avere una terra in cui poter costruire uno Stato completamente ebraico.
Tutti i gruppi ebraici si dividono tra chi ritiene che Israele sia soltanto un’espressione politica in una terra tradizionalmente importante e quelli che invece stimano che sia la realizzazione di una promessa fatta da Dio al suo popolo. I primi sono ebrei secolarizzati, che in un modo diverso distinguono l’aspetto politico da quello religioso. I secondi, invece, sono ebrei ultraortodossi, i quali non ammettono che tra politica e religione possa esserci distinzione: essi vorrebbero realizzare una società di tipo teocratico fondata sulla legge presente nella Bibbia, la Tradizione orale e il Talmud. L’attesa di questi esponenti corrisponde dunque alla realizzazione del tempo messianico: essi non possono accettare l’interpretazione secolarizzante fornita dai gruppi sionistici. Ogni fondamentalista crede che sia ebreo chi fa parte di un popolo (principio etnico) che ha come unica missione quella di diventare definitivamente la nazione in cui Dio possa regnare come re. Alcuni di essi negano si possa raggiungere questa realtà con uno Stato, mentre per altri proprio in questo Stato, Israele, starebbe la realizzazione della promessa di Dio. Compito di ogni fedele è realizzare piccole comunità in cui si vive la Legge alla lettera e far sentire la propria influenza in campo politico, dove l’importanza di questi gruppi è oggi considerevolmente aumentata.

Il fondamentalismo nell’Induismo

Conoscendo la religiosità indu, così frastagliata e includente religioni diverse, potremmo pensare che non ci possa essere qualcosa di più distante dal fondamentalismo. Nell’Induismo non ci sono Chiese organizzate e la vita religiosa può essere definita come una naturale espressione privata e pubblica, che può essere espressa da più religioni che chiamano Dio con più nomi. L’esperienza politica di Gandhi, inoltre, ha portato all’affermazione della dignità degli Harijians (aut-casts) e con Nehru è stata avviata la difesa delle minoranze.
Secondo l’insegnamento di saggi come Vivekananda, la tolleranza e non la violenza avrebbero addirittura favorito la tradizione religiosa indu anche all’interno di un mondo pluralistico. Tuttavia, all’interno della società indu odierna si è sviluppato non il sentimento di tolleranza nei confronti del diverso e della molteplicità delle esperienze, quanto piuttosto quello di Hindutva o Hinducità. Ciò significa che il fattore etnico è diventato elemento che segna l’appartenenza alla religione: se non si è di nascita indu, non si può essere indu religiosamente. Nello stesso tempo i paria, gli aut-casts, considerati intoccabili e dediti ai lavori disdicevoli e impuri, oggi in spirito di rivalsa si chiamano orgogliosamente Dalits e cioè umiliati e oppressi. Essi contestano radicalmente la tradizionale divisione in caste.
Questi due fattori stanno spingendo l’India verso un fondamentalismo che intende riaccorpare attorno a un Induismo militante l’intera società indiana attraverso il ritorno ai Veda (Scrittura sacra) letta in chiave ideologica e il recupero dei Dalits. Per quanto essi siano stati considerati intoccabili, il fatto stesso che essi siano nati in India pare essere motivo sufficiente per dare loro il diritto di essere indu.